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Fioriti: “quando i miei amici mi vogliono sfottere dicono che sono nato con la tonaca”

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Don Nicola Fioriti, parroco della chiesa di San Marco Evangelista di Vasto, insieme agli altri sacerdoti Mario Pagan, Raimondo Artese,  Beniamino Di Renzo, Simone Calabria e Andrea Manzone, la domenica spezzerà la parola di Dio su Sansalvonet.  Di seguito una breve intervista.

Chi è Nicola Fioriti e come è nata la sua vocazione sacerdotale?

Sono di Tornareccio, sono nato il 25 ottobre del 1982 e sono il terzo di 4 figli. La mia vocazione sacerdotale è nata in maniera molto semplice nella vita ordinaria e quotidiana della parrocchia. I miei genitori bazzicavano il cammino del Rinnovamento Nello Spirito ma soprattutto vivevano intensamente la vita della parrocchia. Sono cresciuto in una famiglia in cui il quotidiano era intrecciato con una realtà di fede viva, semplice e bella. Frequentavo l’asilo delle suore Comboniane. Mi appassionavano i loro racconti su giraffe e simili e allo stesso tempo mi incuriosivano quando entravano nel dettaglio della vita missionaria e parlavano delle cose semplici e quotidiane che facevano in quei luoghi. Già alle elementari, quando la maestra mi aveva proposto il classico tema “cosa vuoi fare da grande”, io scrissi che volevo diventare sacerdote. Ad avvalorare questo mio desiderio ho avuto anche il bellissimo esempio e la testimonianza del nostro parroco di Tornareccio don Nicola Masciulli che mi ha accompagnato durante l’intero mio percorso vocazionale. Don Nicola prima di essere un buon sacerdote era un uomo in pace con se stesso, una persona retta, umile, discreta e soprattutto sempre presente. All’interno della parrocchia c’erano diversi cammini di fede (Rinnovamento, Neocatecumenali, Comunione e Liberazione) che don Nicola riusciva a coordinare e a tenere tutti uniti e concordi nel servizio nella parrocchia. In questo ambiente ho vissuto la mia infanzia e i miei primi anni di adolescenza. Mi sono semplicemente messo in ascolto di una chiamata. A 13 anni ho palesato la mia intenzione di diventare sacerdote ai miei genitori e ho intrapreso questo cammino. La mia vita è poi proseguita tra Chieti e Tornareccio fino all’ordinazione sacerdotale.

Il giorno in cui è stato ordinato sacerdote, cosa ha provato? Ricorda un passo della Parola di quel giorno che in qualche modo porta con lei? E dopo l’ordinazione ha intrapreso un percorso di studi particolare?

Io sono stato ordinato il 29 marzo del 2008. La mia emozione era immensa, non ci sono parole per descrivere quei momenti. Ho sempre sentito la condizione del sacerdozio come una mia seconda pelle, qualcosa che mi apparteneva fino in fondo. Anche se avevo sperimentato altri lavori sentivo che questi non mi appartenevano. Il Vangelo di quel giorno era il passo di san Tommaso che voleva “toccare per credere”. A questa parola sono molto legato. Tommaso era uno che voleva bene a Gesù e nel giorno in cui l’ha visto risorto era pieno di stupore. Lo stesso stupore che mi accompagna nella mia vita sacerdotale. La voglia di lasciarmi stupire giorno per giorno da Dio mi fa essere sempre aperto a tutto ciò che mi accade e soprattutto a tutte le persone che incontro.  Dopo l’ordinazione sacerdotale, in contemporanea agli incarichi che mi dava il Vescovo, ho frequentato un corso biennale di studio della “Liturgia”. Eravamo 90 studenti di cui solo 3 italiani. Lì ho incontrato dei corsisti davvero straordinari. C’era un sacerdote vietnamita che frequentava quel corso pur sapendo che gli sarebbero costati dieci anni di carcere al suo ritorno in patria.

Com’è il rapporto della Chiesa con il mondo di oggi?

Io lo vedo positivo. Purtroppo della Chiesa fanno scalpore solo le notizie di cronaca ma tante sono le grazie che vengono elargite al suo interno anche se queste spesso non si vedono. Quante persone vengono da noi per avere un supporto umano o anche semplicemente per essere ascoltate? E il mondo oggi ha tanto bisogno di questo.   

Qual è la difficoltà più grande e la cosa più bella dell’essere sacerdote?

La difficoltà più grande può essere quella di stare accanto alla parrocchia, guidarla e camminarci insieme senza stravolgerla. La cosa più bella dell’essere un sacerdote è quella della “Grazia”. La vita di un prete è bella e riconciliata quando percepisce i segni della Grazia di Dio ossia della Provvidenza. Essere un semplice  strumento di Dio è una cosa davvero meravigliosa perché ti fa percepire che succedono cose belle nonostante te. Un prete conosce il cuore delle persone perché si lascia coinvolgere in prima persona da queste e condivide in pienezza con loro i momenti di gioia come anche quelli di tristezza. 

 

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