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La disavventura di una mamma infermiera al pronto soccorso

Quando la professionalità e l’umanità del personale sanitario sono solo degli optional!

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Il recarsi al pronto soccorso potrebbe rivelarsi, a volte, un terno a lotto. La qualità del servizio che si potrà ricevere dipende innanzitutto dalla professionalità e dall’umanità di chi si prende in carico l’utente.

Questa è la storia di una mamma T.C. che qualche giorno si fa si è recata al pronto soccorso per portare il figlio adolescente con una febbre alta che non scendeva nonostante la somministrazione dell’antifebbrile.

Sono arrivati intorno alle 2 di notte e la sala d’attesa era vuota. All’adolescente è stata subito somministrata una flebo con l’antipiretico. La mamma in questione è un’infermiera che non esercita ma ha le competenze della professione.

Dopo essere riusciti ad abbassare la febbre, il personale sanitario affermava in maniera sostenuta che l’innalzamento della temperatura corporea del ragazzo era dovuta a un semplice virus.

La mamma, rivelando anche il fatto che era un’infermiera, cercava di far spostare la loro attenzione sulla gamba del paziente: era rossa, calda e presentava una macchia particolare. Ma la risposta del personale è stata: “non c’entra niente con la febbre. Le ripeto si tratta di un semplice virus! Non dica in giro che lei è un’infermiera!”.

La febbre si era abbassata, dopo aver provato a insistere un po’ e visti i modi arroganti e scortesi con cui venivano trattati non solo loro ma anche un altro paziente anziano che si trovava disteso su un lettino del pronto soccorso, la mamma infermiera firma l’uscita e riporta il figlio a casa.

L’indomani mattina ha spiegato la situazione al pediatra di fiducia.  Era presente anche una giovane dottoressa, che senza vedere la gamba, in base ai sintomi, ha prognosticato un’infezione importante. Tornata a casa la mamma è andata verificare su internet quanto detto dalla giovane dottoressa e ha portato il figlio dal suo medico di base che ha confermato la prognosi della sua collega.

Si può fare un lavoro con cui si è responsabili della vita delle persone senza umanità e umiltà nel riconoscere anche i propri limiti? Non tutti i pazienti rientrano nella casistica del “virus che gira”, come può un santario accorgersi di un caso che va oltre la diagnosi più probabile se non accogliendo il malato come una persona e non una pratica da sbrigare al più presto? I concorsi di assunzione del personale sanitario tengono conto anche di questi fattori e se non ne tengono conto portano avanti attività formative in tal senso?

 

Foto di repertorio

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