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“L'insegnamento di Gesù: chi vuol essere il primo sia servo di tutti”

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L’attualità della Prima Lettura è la contrapposizione tra empio-giusto. In termini più chiari essa descrive la reazione di chi, non avendo un senso religioso della vita, l’empio, cioè non avendo riconosciuto la presenza di Dio, non può sopportare la presenza del giusto, dell’uomo che vive di fede, del rapporto con Dio.

“Ci è di imbarazzo”.È un giudizio su di noi! La forza di un uomo è il suo giudizio, la sua chiarezza: «Il vostro parlare sia sì, sì, no, no».Giudicare è riconoscere il senso, il significato, la connessione tra me e tutto.

L'incontro ed il rapporto con Lui è stato per gli Apostoli ed è per noi, un continuo ribaltare i punti di vista, le opinioni già consolidate, le convinzioni date per sicure, è una continua sfida all'intelligenza.

Non è affatto strano, perciò, che seguire Cristo, ponga dì fronte a noi esigenze, scelte, punti dì vista che fanno a pugni con la nostra logica (che è poi quella del mondo): “Fratelli miei, dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni.Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per soddisfare cioè le vostre passioni” (Gc 3,16.4,1-3). È una sfida, non una conferma.

Il Vangelo ci sorprende con parole insolite, ci consegna tre nomi di Gesù che vanno controcorrente: ultimo, servitore, bambino, così lontani dall'idea di un Dio Onnipotente.

Vediamo il contesto del brano. Gesù sta parlando di vita e di morte, sta raccontando ai suoi discepoli che tra poco sarà ucciso. È insieme con il gruppo dei più fidati, ed ecco che loro non lo ascoltano neppure, si disinteressano della tragedia che sta arrivando sul loro maestro e amico, tutti presi soltanto dalla loro competizione: “chi è il più grande tra noi?”.

Pensiamo alla ferita che deve essersi aperta in lui, alla delusione di Gesù. C'è da scoraggiarsi. Tra noi, tra amici, un'indifferenza così sarebbe un'offesa veramente imperdonabile.

Invece il Maestro del cuore, non rimprovera gli apostoli, non li abbandona, non li allontana, e tanto meno si scoraggia.

Li mette invece sotto il giudizio di quel chiaro e stravolgente pensiero: “Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti”.Il primato, l'autorità secondo il Vangelo, viene solo dal “servizio”.

“E, preso un bambino, lo pose in mezzo a loro e, abbracciandolo, disse loro: Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me”.È il modo perfetto di Gesù di gestire le relazioni: non si perde in critiche o giudizi, ma cerca un primo passo possibile, cerca gesti e parole che sappiano educare ancora. E inventa qualcosa di inedito: un abbraccio e un bambino.

Tutto il Vangelo in un abbraccio, in un gesto che profuma d'amore e che apre un'intera rivelazione: Dio è così.

Al centro della fede un abbraccio. Tenero, caloroso.

E Papa Francesco, più volte ci ha ricordato: «Gesù è il racconto della tenerezza di Dio», un Dio che mette al centro della scena non se stesso e i suoi diritti, ma la carne dei piccoli, quelli che non ce la possono fare da soli».

Poi Gesù va oltre, si identifica con loro: Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me”.

Il nostro mondo avrà un futuro buono quando l'accoglienza, il servizio sarà il nome nuovo della nostra civiltà. Quando diremo a uno, a uno almeno dei piccoli e dei bisognosi: ti abbraccio, ti prendo dentro la mia vita. Allora, stringendolo tra le nostre braccia, sentiremo che stiamo stringendo fra le braccia Gesù.

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