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Università, calo delle iscrizioni in Abruzzo

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Meno giovani in Italia scelgono l’istruzione terziaria, in particolare al Sud. Quelli che decidono di proseguire gli studi, si dirigono in numero sempre maggiore verso le università del Nord. L’Abruzzo segue le stesse dinamiche.

Quali sono i fattori  all’origine di queste scelte?

 

   L’andamento delle immatricolazioni può essere analizzato con riferimento alla “residenza” degli studenti, che è una misura della propensione all’istruzione terziaria da parte dei neodiplomati (l’Italia è uno dei paesi con la più bassa incidenza di laureati sulla popolazione), oppure per localizzazione dei corsi di laurea, una misura del grado di attrattività delle università e dei territori in cui sono inserite (che vede recedere gli atenei meridionali anche a causa di una più intensa mobilità territoriale all’atto dell’iscrizione degli studenti). L’Abruzzo rispecchia tali tratti distintivi.

    I dati più recenti indicano un recupero ma le perdite accumulate in più di un decennio sono notevoli, soprattutto al Centro e al Sud. L’avanzamento nel grado di istruzione e la mobilità degli studenti universitari hanno forti implicazioni per lo sviluppo locale. Tuttavia, cosa succede se la migrazione degli studenti all'interno di un paese segue solo un flusso unidirezionale da certe regioni verso altre? E ancora: come si spiega questo andamento?

    Dopo una fase di declino durata oltre un decennio (64.000 immatricolati in meno, -20%), nel 2014 le immatricolazioni nelle università italiane hanno ripreso a crescere. Il calo degli immatricolati abruzzesi (-40%) è stato più consistente della media nazionale (solo in provincia di Teramo la flessione è stata relativamente meno intensa). A L’Aquila, il calo delle immatricolazioni ha interessato maggiormente i più giovani (18-20 anni). Su questo andamento ha pesato il venir meno di alcuni effetti della riforma del 3+2, che aveva alimentato un temporaneo aumento degli studenti con pregresse esperienze di lavoro, in Italia strutturalmente molto pochi. Il calo ha però coinvolto anche i più giovani, per i quali ha pesato soprattutto la debole dinamica demografica e l’aumento dell’incidenza dei giovani immigrati (al Nord soprattutto), i cui tassi di immatricolazione sono molto più bassi della media. Si è tuttavia ridotta anche la propensione a proseguire gli studi dei giovani di nazionalità italiana. All’origine vi sono fattori collegati alla crisi economica (forte calo del reddito familiare, crescita del rapporto tra tasse universitarie e redditi medi, riduzione del sostegno al diritto allo studio).

    Le immatricolazioni sono diminuite soprattutto negli atenei del Mezzogiorno, anche per un’accresciuta propensione tra gli immatricolati a spostarsi verso gli atenei del Nord. Questa accresciuta mobilità territoriale ha contribuito ad ampliare i divari territoriali (il calo per gli atenei meridionali è stato più ampio di quello fatto registrare dai residenti nel Mezzogiorno e per oltre il 70% tale flessione ha interessato i giovani tra i 18 e i 20 anni). Lo spostamento coinvolge oggi circa un terzo degli studenti del Sud mentre la quota di neodiplomati abruzzesi che si dirige verso università del Centro-Nord è passata in un decennio dal 25% al 40%. Un decennio fa, mentre per gli studenti aquilani la mobilità a più lungo raggio verso le università settentrionali era pressoché trascurabile (2% delle immatricolazioni) essa appariva già particolarmente diffusa tra i residenti nelle province di Chieti e Pescara (9%) e in misura inferiore a Teramo (6%). Nel contempo, si è ridotto l’interesse verso gli atenei regionali, azzerando di fatto il saldo migratorio positivo di cui l’Abruzzo ha a lungo beneficiato.

    Il recente, seppur modesto, miglioramento di questo quadro, sia con riferimento alle condizioni di reddito delle famiglie sia all’impegno statale per il sostegno allo studio, ha comportato anche una certa ripresa delle immatricolazioni, in particolare nel Nord ma anche nelle regioni meridionali. Nelle regioni meridionali la riallocazione delle quote di mercato ha sfavorito le università più periferiche ma anche le principali università abruzzesi. Gli atenei dell’Aquila e Pescara hanno perduto posizioni importanti in tutti e tre i bacini di provenienza: in particolare, l’’università D’Annunzio, pur confermandosi come la principale sede di riferimento per gli studenti provenienti dal Mezzogiorno, mostra un arretramento di 7 punti percentuali rispetto a dieci anni prima mentre L’Aquila vede sostanzialmente dimezzarsi il proprio peso. Teramo sembra invece accrescere moderatamente il proprio peso soprattutto come attrattore di studenti dalle regioni centrali.

 

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