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Andrea e Liliana: "nei momenti difficili abbiamo sentito la vicinanza della comunità"

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Andrea Ramundi e Liliana Scardapane sono un marito e una moglie come tantissimi altri al mondo che ogni giorno litigano anche "dalla mattina alla sera" (usando le loro parole) ma che stanno ancora insieme e più innamorati di prima perché hanno scelto di voler tener fede a quella promessa fatta davanti a Dio nel giorno del loro matrimonio ("nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia...") e affidando la loro vita personale e di coppia al Cristo vivente. Di seguito una breve intervista.

Quando vi siete conosciuti e innamorati?

Io sono originario di Mafalda e la mia famiglia decise di trasferirsi qui a San Salvo perché la Siv assumeva innanzitutto i residenti. Io frequentavo la seconda elementare e le maestre vedendomi in difficoltà mi affiancarono a una bambina che era brava a scuola, Liliana. Anche lei era da poco rimpatriata dall'Australia dove il papà aveva sposato la mamma di Casalbordino senza conoscerla per procura proprio come il film di Sordi "Bello, onesto, emigrato Australia sposerebbe compaesana illibata". Poi ci siamo persi di vista e anche se ci incontravamo, nutrivamo un'antipatia reciproca. Non la sopportavo perché mi sembrava "una saputella, una so tutto io" (racconta Andrea). Intorno al 1977 la Democrazia Cristiana aveva portato qui a San Salvo il "Cantagiro", manifestazione nazionale , canora itinerante estiva. Io bazzicavo nel partito per via dei miei genitori e noi giovani in quell'occasione davamo una mano. Io ero addetta alla distribuzione delle bevande che tenevamo in fresco dentro dei bidoni di alluminio pieni di ghiaccio. Nello stappare una bottiglietta di vetro della Coca Cola mi tagliai a una mano. In quel momento mi si avvicinò Andrea e mi chiese "Posso aiutarti?". Lo guardai con una luce diversa e arrivò il classico colpo di fulmine. Da allora non ci siamo più lasciati! Nel 1982 ci siamo sposati e da questo matrimonio sono nate Alessia e Erica (racconta Liliana).

Voi siete una delle coppie storiche che preparano i fidanzati al matrimonio nella parrocchia di San Giuseppe. Come avete cominciato questo percorso e voi come avete incontrato Cristo?

Entrambi da ragazzi e anche da fidanzati bazzicavamo la parrocchia di San Nicola anche se appartenevamo a San Giuseppe perché lì c'era un parroco giovane (don Piero) che riusciva a creare varie occasioni aggregative proprio per noi giovani. Un giorno incontrammo i giovani dell'altra parrocchia e ci chiesero ma perchè andate a San Nicola voi siete di questa parrocchia. E così abbiamo cominciato ad apprezzare e a rivalutare anche l'anziano don Cirillo Piovesan. Dopo qualche anno arrivò il giovane don Raimondo Artese. Un giorno volle fare un incontro con tutti quelli che bazzicavano in parrocchia e ci consegnò dei bigliettini per chiederci delle disponibilità a fare dei servizi. Noi ci guardammo in faccia e ci rendemmo disponibili per la pulizia della chiesa. Di lì a poco, nel giorno dell'Immacolata don Raimondo ci disse che aveva pensato di cominciare a fare un percorso di preparazione ai fidanzati che si volevano sposare in chiesa. Ci chiese di dargli una mano. E così abbiamo iniziato con lui questa bellissima avventura. Man mano abbiamo aggiunto altre coppie. Ma nonostante questo nostro frequentare la chiesa il fare anche diversi servizi in parrocchia, per noi Dio esisteva ma ce lo immaginavamo come quel Cristo morto appeso a una croce di legno e null'altro. Poi ci sono state due occasioni che hanno cambiato questa mio modo di vedere Dio. In una catechesi dei Necatecumeni per la prima volta sentiti qualcuno che mi parlava di un Cristo vivo che mi amava profondamente. Stessa impostazione la ritrovai a degli incontri del Rinnovamento Nello Spirito tenuti da un ottico di Montesilvano che veniva apposta a San Salvo per parlare di Cristo. Un giorno il gruppo del Rinnovamento aveva organizzato un'adorazione eucaristica. Era la prima volta che partecipavo a un evento simile. Sentii fortemente la presenza viva di Cristo. Avevo quasi la sensazione che mettendo la mano lo potevo toccare.

Quanto ha inciso la fede nel vostro matrimonio?

Tantissimo. Noi siamo una coppia che litiga davvero dalla mattina alla sera sopratutto perché siamo persone diverse con temperamenti opposti ma ci amiamo profondamente. In quei momenti in cui non vorrei neanche vederlo mi ricordo la promessa che ho fatto davanti a Dio tanti anni fa. Poi Dio parla sempre e abbiamo potuto constatare la sua presenza viva soprattutto nei momenti più tristi e più bui della nostra famiglia. Nel 2002 ad Andrea avevano diagnosticato un tumore al colon di 7 centimetri. Eravamo umanamente distrutti, pieni di paura: "Signore perchè?". Ci affidammo e pregammo tanto che arrivai a dire anche se con un gran peso nel cuore "Signore sia fatta la tua volontà". La sera prima dell'intervento Andrea andò a messa e c'era il passo del vangelo del contadino che voleva tagliare il fico secco. Innalzò questa preghiera "Signore dammi altro tempo così ti posso ancora servire". Il Signore ascoltò questa preghiera. Dopo l' intervento e la chemio sembrava che era tutto passato. Nel 2008 si ripresenta il tumore con una metastasi a un polmone. E questa volta Andrea mi disse "prega tu perchè io non ne ho la forza". Tutti pregarono persino una signora di Liscia distrofica da cui Eugenio Di Petta, un nostro compare fisioterapista a cui eravamo particolarmente legati, andava per fare delle terapie a domicilio. Questa signora settantenne riusciva a muovere solo le dita di una mano. Un giorno vide Eugenio preoccupato e gli chiese "che hai". Le raccontò di noi e lei: "allora dobbiamo pregare". E così ogni volta che Eugenio andava per farle le terapie recitavano tre o quattro rosari. Anche gente che non credeva ha pregato per Andrea. Dopo l'intervento e il ciclo della chemio andammo in pellegrinaggio a Lourdes. In quella settimana ebbi due notizie che mi sconvolsero: dalla radiografia era apparsa un'altra macchia (che poi si è rivelato un falso allarme) e mia figlia mi disse che era incinta. Ero a terra, amareggiata, delusa di tutto e di tutti e dissi "Signore che cosa vuoi più da me". La mattina dopo era il 1 febbraio, giorno in cui la chiesa festeggia "La vita", a messa c'era un passo che diceva "Signore che cosa vuoi da me?". Scoppiai a piangere e cominciai a vedere la gravidanza di mia figlia semplicemente per quella che era , il dono di una vita nuova. Anche se abbiamo cercato di trasmettere alle nostre figlie i valori cristiani, loro come è giusto che sia, fanno le loro scelte di vita e noi possiamo semplicemente amarle.

Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.

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