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Ricercatori e laboratori della “Gabriele d’Annunzio” sono in prima linea nella prevenzione dell’Alzheimer.

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I ricercatori dell’Università degli Studi “Gabriele d’Annunzio” di Chieti-Pescara sono in prima linea nella ricerca sulla prevenzione dell’Alzheimer. Saranno a breve disponibili dei test ematici che potrebbero rivoluzionare il percorso diagnostico della malattia di Alzheimer come illustrato dai recenti studi pubblicati su prestigiose riviste scientifiche internazionali. Questi studi, che hanno avuto grande risonanza sulla stampa nazionale, sono in fase di sperimentazione avanzata e possono rilevare in maniera accurata la presenza a livelli patologici di “tau iperfosforilata”, la proteina che ad oggi si ritiene possa indicare con maggiore accuratezza la progressione del processo degenerativo che sottende alla demenza di Alzheimer.

"E’ un’evoluzione importante del percorso diagnostico - spiega il professor Stefano Sensi. Ordinario di Neurologia e Direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche della “d’Annunzio” -, un importante passo avanti che ci avvicina a diagnosi precoci e differenziate, processo fondamentale per gestire l’arrivo oramai vicino di terapie “disease-modyfing”, cioè capaci di mutare il decorso della malattia. Si tratta, è bene ricordarlo, di trattamenti costosi e che possono funzionare su sottotipi selezionati di pazienti. E’ questo il fine ultimo dello sforzo congiunto che il nostro Ateneo sta portando avanti nell’ambito di un’azione sinergica interaziendale che vede al centro la Clinica Neurologica dell’Ospedale di Chieti, diretta dal professor Marco Onofrj, e la Rete per le Demenze dell’AUSL di Pescara. E’ una prospettiva di ampio respiro - aggiunge il professor Sensi - che vede coinvolti i ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze, Imaging e Scienze Cliniche, dell’ITAB e del CAST della “d’Annunzio”, che stanno contribuendo al processo con ricerche e diagnostiche avanzate come, ad esempio, un recente studio curato dal professor Onofrj e da me, che impiega l’intelligenza artificiale e tecniche di “machine learning” per predire la conversione a malattia di soggetti in fase presintomatica".

"Siamo al centro di una rivoluzione diagnostica e terapeutica - sottolineano i professori Onofrj e Sensi - che finalmente potrebbe impattare sulla vita dei nostri pazienti e dei loro familiari. E’ bene ricordare che nessuna metodica sarà da sola risolutiva. L’accuratezza diagnostica e l’individuazione di strategie terapeutiche mirate verranno solo dal combinato di sempre più accurati test di valutazione neuropsicologica, ricerca di proteine alterate nel liquido cerebrospinale (come la tau o l’amiloide) e neuroimaging (risonanza magnetica e tomografia a positroni) dall’altra. Siamo finalmente vicini alla possibilità - concludono i due ricercatori della “d’Annunzio” - di selezionare in maniera sempre meno invasiva, economica ed efficace soggetti non ancora dementi da avviare a trattamento precoce sia di carattere farmacologico che non farmacologico, primi fra tutti, gli interventi sul lifestyle e sui fattori di rischio modificabili".

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