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Come nasce l’oratorio? La storia del luogo di preghiera e di gioco

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Non solo un luogo di preghiera, da vivere magari dopo una giornata di catechismo. L’oratorio è l’istituzione della Chiesa cattolica volta, anche e soprattutto, alla formazione dei giovani.

Quando la scolarizzazione era una prerogativa dell'élite (o proprio non esisteva) e per i ragazzi l’unica destinazione era il lavoro, gli oratori divennero il luogo privilegiato per acquisire elementari nozioni di cultura, il più delle volte attraverso la famosa dottrina del gioco.

Ancora oggi, negli oratori, bambini e adolescenti hanno la possibilità di trovare amici con cui giocare, sacerdoti da cui ricevere preziosi consigli o, semplicemente, una panchina su cui preservarsi dai pericoli della strada. Ed è in questo senso che le offerte ai sacerdoti e le donazioni Chiesa cattolica acquisiscono un valore sociale fondamentale: sostenendo chi si mette al servizio dei giovani, si rega loro un futuro migliore.

In questo articolo, scopriremo la storia di questo luogo di preghiera e di gioco, riscoprendo le origini e l’evoluzione nel corso dei secoli.

Dalle origini dell’oratorio ai primi anni del Settecento

Le prime testimonianze di oratorio sono datate alla fine del XV secolo e agli inizi del successivo, quando nella diocesi di Milano, preti e uomini di fede decidono di creare un luogo destinato ai giovani in cui pregare, divertirsi e crescere. Ben presto l'iniziativa si rivela vincente, tanto da diffondersi in tutta la città grazie agli arcivescovi Carlo Borromeo e Federigo Borromeo.

In realtà, pure lontano dalla Lombardia, gli oratori diventano nel ‘700 una costante della vita parrocchiale. A Roma, in questi anni, si ricorda l’esperienza di San Filippo Neri che, con la congregazione degli oratoriani, accompagna alle attività ludiche veri e propri momenti di insegnamento volti a fornire ai ragazzi più poveri ed emarginati conoscenze utili.

L’oratorio dall’ ‘800 al ‘900

Durante l’Ottocento, anche religiosi e religiose di altri ordini si dedicano all’oratorio, istruendo opere specifiche destinate alle giovani donne. E proprio in questi anni, passa alla storia San Giovanni Bosco, divenuto celebre per aver aggiornato le forme di intrattenimento aggiungendo la ginnastica, il teatro e persino alcune attività parafamiliari.

Divenendo un luogo tanto importante, iniziano a collaborare con gli oratori anche i laici attraverso forme di volontariato medico-sanitario e sociale, inizialmente rivolte quasi esclusivamente ai giovani frequentanti e poi aperte anche all’esterno dell’oratorio.

Per quel che concerne i giorni di apertura, moltissimi preti optano per estendere le attività non più solamente alla domenica, prevedendo un orario infrasettimanale pensato per i meno agiati, impossibilitati cioè ad accedere al servizio scolastico.

Infatti, durante questi anni, lo stesso sistema scolastico mostra più di qualche lacuna, con gli oratori spesso costretti a sostituirsi a loro. Nonostante promesse di un’istruzione obbligatoria, pubblica e gratuita per tutti, i giovani, soprattutto nelle zone più povere della penisola, continuano a rimanere lontano dalle aule scolastiche.

Durante il regime fascista, gli oratori diventano un’alternativa alle istruzioni giovanili del regime, preparando così il tempo alla Resistenza. Ci sono testimonianze di oratori milanese utilizzati in questi anni come rifugio.

Dalla seconda metà del ‘900 al nuovo millennio

Pur continuando a rappresentare un luogo molto importante per giovani e meno giovani, intorno agli anni ‘60 e ‘70 del Novecento, la vecchia istituzione oratoriana perde parte del proprio fascino, alle prese con le nuove esigenze dei ragazzi.

Tuttavia, non mancano felici esperienze in giro per l’Italia che portano direttamente al nuovo millennio. Come accaduto a Francesco Totti, idolo della società sportiva Roma che, qualche anno fa, raccontava: “Ho iniziato a giocare a calcio all’oratorio, scuola di vita. A quel luogo sono legati pomeriggi infiniti, amicizie e pallone”. Oppure l’attore Michele La Ginestra che, nella sua commedia “È cosa buona e giusta” inscena i vecchi ricordi dell’oratorio frequentato da bambino, in un lungo dialogo sulla quotidianità dei giovani e sui loro valori.

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