Partecipa a SanSalvo.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

Pixar, trentacinque anni di animazione digitale

Condividi su:

Negli scorsi mesi cadeva l’anniversario della fondazione di una delle più iconiche case di produzione cinematografiche: Pixar, nata nel 1979 in seno alla Lucasfilm, è stata infatti rifondata nel 1986 da Steve Jobs, giungendo quindi ai 35 anni di attività. Un arco di tempo costellato da successi che ancora oggi si susseguono, nonostante nel 2006 l’acquisizione da parte di Disney avesse preoccupato i fan di lungo corso: sono numerosi i motivi alla base della fama acquisita da Pixar, e che ne hanno fatto un punto di riferimento nel panorama dell’animazione.

Proprio l’animazione è fra questi motivi, nel senso che Pixar è nata con il preciso obiettivo di creare lungometraggi sfruttando l’animazione digitale. Fra progetti sperimentali e sviluppo di software proprietari, infatti, lo studio ha potuto dimostrare come la grafica digitale potesse essere utilizzata per creare opere visive. I primi traguardi sono stati raggiunti nella creazione di forme primitive che i software dell’epoca potessero combinare e animare, creando quindi semplici personaggi. Merita una menzione la creazione di Luxo, la lampada divenuta mascotte della Pixar, per un corto dove vero protagonista era l’algoritmo utilizzato per gestire la luce, e soprattutto Tin Toy, il primo cortometraggio interamente digitale a vincere un Premio Oscar, nel 1988. Ancora oggi Pixar rappresenta uno dei principali innovatori nell’animazione digitale come dimostrato dalla mai interrotta produzione di corti: questi ultimi infatti sono quasi degli esercizi tecnici, dove la trama ricopre un’importanza marginale rispetto allo studio e allo sviluppo di nuove soluzioni nell’animazione.

Altro tratto distintivo delle produzioni Pixar sono le tematiche affrontate, spesso molto profonde e pienamente comprensibili solo da un punto di vista maturo. È il caso di WALL•E, le cui vicende si svolgono sul palcoscenico di una Terra abbandonata in quanto ormai inabitabile per l’eccessivo inquinamento; si può poi pensare ad Up, dove a mettere in moto le vicende è la vedovanza del protagonista e i cui primi minuti sono un vero e proprio corto sulla vita matrimoniale; o ancora a Coco, interamente basato sul culto messicano degli antenati e sulle tradizioni del Dia de los Muertos. Non mancano alcune citazioni che solo un pubblico adulto può apprezzare: fra le tante, è il caso dell’utilizzo di un giocattolo come ruota da roulette in Toy Story 3, riferimento all’intramontabile classico ancora protagonista in piattaforme online come PokerStars Casino, e del dialogo fra Buzz e Zurg in Toy Story 2, evidente omaggio a quello tra Darth Vader e Luke Skywalker nell’Episodio V di Star Wars. Alla base del successo di Pixar, quindi, deve sicuramente ricondursi la capacità di rielaborare il concetto stesso di animazione, passando dalla generica etichetta di cartoni animati a quella di veri e propri lungometraggi animati digitalmente, a tutti gli effetti una forma d’arte.

Infine, ma non meno importante, tra i motivi del successo dello studio d’animazione statunitense si trova la capacità di sfruttare idee originali, mettendo in scena trame a metà strada tra la fantasia e la vita quotidiana. Uno dei temi più tipici in questo senso nasce nella scelta di animare soggetti comuni, rendendoli senzienti: è il caso di Toy Story, vero e proprio manifesto Pixar, che basa il suo intero franchise sulla premessa che i giocattoli siano in realtà vivi; Cars e il suo spin-off Planes, dove viene data vita rispettivamente a macchine e aeromobili; Inside Out, dove vengono rese antropomorfe alcune emozioni umane raffigurate ai comandi di un centro di controllo ospitato in persone e animali. Se da un lato questa rappresenta una scelta artistica, dall’altro permette contemporaneamente di procedere a un vero e proprio world building, con numerosi film di uno stesso franchise connessi tra loro ben oltre il semplice rapporto prequel-sequel: ancora una volta, un ottimo esempio viene da Toy Story. Uno dei protagonisti è Buzz, un giocattolo rappresentante un ranger spaziale: nella finzione del franchise il giocattolo è basato su un vero eroe, il quale sarà a sua volta protagonista in Lightyear, ultimo film dello studio e in uscita nei cinema nel corso del prossimo giugno. Si tratta di una scelta decisamente originale, ma estremamente coerente con ciò a cui Pixar ha sempre abituato. A esso potrà inoltre guardarsi come punto di contatto con il primissimo Toy Story, mettendo in relazione un film del 1995 con uno del 2022 e, prevedibilmente, gettando le basi per altri successi.

Se 35 anni possono essere un arco di tempo lungo, quello di Pixar è uno di quei rari casi dove, guardandosi indietro, ci si rende conto di come si tratti di un periodo apparentemente molto più breve di quanto non detto dai numeri. Tra ripetuti successi e innovazioni, l’augurio è quello di continuare ancora a lungo a rappresentare un’eccellenza dell’animazione.

Condividi su:

Seguici su Facebook