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Laterlite di Lentella, la risposta dell'associazione "Porta Nuova" all'entusiasmo della Provincia

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Solo un mese fa toni entusiastici seguivano la visita all’impianto di una delegazione bipartisan della Provincia, composta da Eugenio Caporrella (assessore all’Ambiente, PDL), Carla di Biase (PDL), Camillo D’Amico (PD) ed Eliana Menna (IDV), oggi arriva la risposta dell’associazione civica Porta Nuova di Vasto con un comunicato stampa. Una risposta ben lontana dall’ottimismo e dagli elogi profusi in larga quantità dai partecipanti al sopralluogo. Porta Nuova, ripercorre la storia recente della Laterlite di Lentella ricordando i dati sulla quantità e le tipologie di rifiuti che è possibile incenerire: «L’impianto di Lentella ha una potenzialità di incenerimento autorizzata di 23.760 tonnellate annue (pari al 17% del totale nazionale), il che ne fa, per grandezza, il secondo in Italia nel suo genere. Con queste cifre, è comprensibile che sia al centro dell’attenzione –almeno della nostra- per almeno due distinte ragioni: - per la potenziale minaccia alla salute pubblica che esso rappresenta, a causa delle sostanze altamente cancerogene e mutagene (diossine, furani, IPA, PCB) originate dallla combustione. Vi si bruciano, provenienti da tutta Italia, rifiuti compresi nelle seguenti classi di pericolosità: H4: Irritanti; H5: Nocivi; H6: Tossici; H7: Cancerogeni; H8: Corrosivi; H10: Teratogeni; H11: Mutageni; H12, H13, H14: Eco-Tossici. - per operare in un settore, quello dello smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi, estremamente lucroso profitti, ma da sempre al centro di sporchi traffici. Ricordiamo che nel marzo 2006 la stessa Laterlite di Lentella è risultata coinvolta nell’inchiesta (per associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, disastro ambientale, falso) condotta dalla Procura della Repubblica di Lanciano, che portò all’arresto di 16 persone, tra cui un suo dipendente». Con tali quantità sarebbe normale, continua il comunicato, considerare l’impianto un inceneritore; anche se sulla carta, e a questo, forse, è dovuta una certa disinformazione a riguardo, è formalmente classificato come “Impianto di produzione di argilla espansa”. Ma, Porta Nuova, ricorda che «la stessa Provincia di Chieti, in una mozione del Consiglio Provinciale (votata anche dal già allora consigliere D’Amico, maggio 2005) definiva la Laterlite di Lentella un impianto di termocombustione di rifiuti». Un’analoga situazione si è avuta a Bojano (dove è presente un altro insediamento): qui dopo la conferma del Tribunale di Campobasso a riguardo, la Laterlite ha convertito a metano lo stabilimento. Il medesimo Tribunale, inoltre «ha condannato la Laterlite SpA di Bojano (nella persona del suo direttore) per danno ambientale e lesioni volontarie personali alla salute dei cittadini. La stessa Provincia di Chieti, nella mozione di cui sopra, affermava a proposito dell’impianto di Lentella che “l'impianto non è dotato di camera di post-combustione per l'abbattimento di fumi eventualmente non combusti per cui non vi sono sufficienti garanzie per la tutela della salute pubblica”». La mozione del 2005 di cui si parla, arrivava in risposta alla richiesta della Laterlite S.P.A. di portare il quantitativo dei rifiuti pericolosi speciali da 24.000 a 60.000 tonnellate annue. La richiesta fu respinta e il Consiglio Provinciale evidenziò seri dubbi a riguardo. È interessante ricordare come, sempre nella stessa sede, il Consiglio espresse preoccupazione per la qualità dell’aria sia per l’allora prossima realizzazione della Turbogas di Gissi, sia per i dati (del 2002) che mettevano in risalto come nel solo Abruzzo siano stati inceneriti il 31% della produzione nazionale di rifiuti speciali pericolosi. L’associazione continua denunciando che non esistono rilevamenti e controlli duraturi nel tempo. Nell’aprile del 2006 se ne occupò brevemente l’Istituto Mario Negri Sud rilevando nel campione di terreno raccolto esili quantità di diossine e furani (potenti cancerogeni e mutageni). Nonostante la piccola concentrazione riscontrata, l’Istituto terminava così il suo rapporto: «Tuttavia, l'aver accertato la presenza di diossine e furani lascia ipotizzare che, vista l'assenza nelle vicinanze di altre possibili fonti di emissione, tali classi di sostanze possano provenire dai fumi di scarico dell'impianto Laterlite. Pertanto, si ritiene utile proseguire nella caratterizzazione ambientale, focalizzando l'attenzione sulla qualità delle emissioni in atmosfera. A tal fine, risulta fondamentale l'interessamento dell'ARTA, l'ente ufficialmente preposto ai controlli, che dovrà effettuare prelievi direttamente sul punto di uscita dei fumi di scarico e, successivamente, analizzare i campioni raccolti, allo scopo di rilevare eventuali superamenti dei limiti di legge». Ma, tale prosecuzione nei controlli, pare non esserci stata secondo Porta Nuova, quindi giungerebbero immotivati gli encomi dei rappresentanti della Provincia che definiscono la Laterlite "modello per il rispetto ambientale". Anche volendo tener conto dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) rilasciata dalla Regione nel 2008, che autorizza un dato impianto in relazione al suo impatto ambientale, permangono importanti perplessità. L’AIA prescriveva l’installazione di una “centralina di monitoraggio per le emissioni dei fumi in atmosfera”, ma «a un anno e mezzo dalla conclusione del procedimento non è dato di sapere entro quale data avrebbe dovuto essere attivata; né dove dovrebbe essere posta; né quali sostanze dovrebbe rilevare». Inoltre viene denunciata una certa difficoltà nell’accesso agli atti visto che, in barba alle leggi vigenti –“In ogni caso tutta la documentazione istruttoria deve essere pubblica sul sito web dell'autorità competente”: Art. 24, comma 10, DLgs 152/2006 (“Codice dell’ambiente”)– tutta la documentazione è concentrata in una mezza paginetta del BURA colma di omissis. Un accenno va anche a una questione apparentemente passata in sordina, l’acqua potabile: «Controlli che sarebbero ancora più importanti tenuto conto che nei pressi della Laterlite, in località Pietra Fracida del comune di Lentella, il COASIV ha posto da tempo un punto di captazione delle acque superficiali del fiume Trigno. Queste, dopo un processo di potabilizzazione, vengono immesse nell’acquedotto (di Vasto Marina e S. Salvo Marina) nei mesi estivi. Da notare che il D.Lgs. 2/2/2001 n. 31, che fissa i criteri di qualità delle acque potabili, non prende in considerazione le diossine e i furani tra le sostanze da monitorare. Sicché essi, anche se fossero presenti, non sarebbero comunque rilevati. Questa circostanza è stata sin’ora ignorata da tutti». Porta nuova conclude con quelli che sono i punti da metter in atto per dare davvero una risposta soddisfacente ai timori per la salute pubblica: «1) La Regione pubblichi il provvedimento di Autorizzazione Ambientale Integrata, senza omissis, ma comprensivo delle prescrizioni, come dispone la legge; 2) La Regione, l’ARTA, la Provincia dispongano l’installazione in tempi ragionevoli della centralina che risulterebbe dalle prescrizioni dell’AIA (sperando che misuri anche IPA e PM10, altrimenti serve a poco); e ne rendano pubblici i valori rilevati; 3) La Provincia proceda all’esame dei fumi di scarico, come indicato dal Mario Negri Sud (un test di mutagenesi si può fare in 48 ore); 4) Infine la Provincia stessa insieme ai sindaci della zona istituiscano, come a Solignano (comune dov’è presente un altro impianto Laterlite, nda), un comitato permanente di consultazione e di controllo, composto dagli enti pubblici e dalle associazioni interessate». Si tratta, quindi, di una chiara presa di posizione dell’associazione Porta Nuova che chiede a gran voce chiarezza e completezza nelle informazioni. Obiettivi che rimarranno lontani fino a quando si continuerà a discutere nelle segrete stanze, senza contraddittorio (durante la commissione consiliare era presente un responsabile della Laterlite, ma nessun rappresentante di enti o associazioni per la tutela dell’ambiente e del territorio), per poi uscire con un comunicato ufficiale.
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