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Noncuranza e degrado, la parabola discendente di Carunchio

Una lettera aperta 'ricorda' i problemi comuni a tanti paesi

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«Un paese quasi in uno stato di abbandono, sordo e muto, come se gli ultimi tre o quattro anni fossero stati moltiplicati all’infinito». Con queste parole un cittadino, acquisito, descrive Carunchio in una lettera aperta rivolta ai propri compaesani e pubblicata anche sul web. Il signor Ciceri, piemontese, da tempo ha acquistato una casa nel piccolo centro del Vastese e a distanza di anni vede sparire quei pregi che resero possibile l’ingresso di Carunchio tra i “Borghi più belli d’Italia” e che lo portarono in Abruzzo dalla lontana regione di appartenenza. Marciapiedi stretti e dissestati, ringhiere arrugginite, pali della luce privi di messa a terra, lampade e portalampade in equilibrio precario pronte a cadere, tutti elementi che rendono meno vivibile e accogliente uno dei tanti paesi dell’entroterra già afflitti dall’emorragia di residenti verso la costa. Restano gli edifici storici (la Chiesa Madre, il Palazzo Turdò ecc.), l’aria pulita, il panorama. Carunchio, inoltre, ospita un importante concorso internazionale per organisti, la tradizionale infiorata del Corpus Domini e un parco di 30 ettari con una ricca fauna. Ma come per tanti altri comuni, tali aspetti da soli e non valorizzati difficilmente riescono a controbilanciare un degrado che va di pari passo allo stato precario della rete viaria provinciale. E tornando alla lettera viene fuori un’altra piaga comune a tutti i paesi collinari del Vastese: il mancato rispetto delle norme edilizie nei centri storici. Uno sfregio che muta radicalmente l’aspetto del comune con antenne e fili elettrici disposti nei modi più disordinati, installati su tetti, balconi e pareti senza criterio né vincolo alcuno. Insomma, un quadro non proprio edificante al quale sicuramente l’amministrazione comunale dovrà dedicare del tempo per il bene del paese. Uno “spiraglio di luce” e speranza e il richiamo alla responsabilità della situazione emergono nella chiusura della lettera: «Si potrebbe far meglio e di sicuro la colpa è di qualcuno…».
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