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I lavoratori della Golden Lady irrompono nella festa patronale di Gissi

Una lettera aperta per richiamare l'attenzione di cittadini e autorità

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Ieri Gissi era in festa per il santo patrono San Bernardino da Siena. Un giorno di spensieratezza sul quale, però, si allunga l'ombra della difficile situazione lavorativa della val Sinello. Per ricordarlo sono scesi in piazza i lavoratori della Golden Lady, il cui stabilimento, che occupa ben 382 dipendenti (in larga parte donne), è prossimo alla chiusura per effetto della delocalizzazione messa in atto dalla società. Il presidio ha distribuito una lettera aperta indirizzata ad autorità e cittadini per richiamarne l'attenzione su una chiusura che non andrebbe a intaccare "solo" le famiglie dei lavoratori, ma che coinvolgerebbe l'economia dell'intera zona. Di seguito la lettera: LETTERA APERTA DAI LAVORATORI E DALLA RSU CGIL, CISL, UIL GOLDEN LADY OGGI ESSERCI È VITALE Insieme per evitare la chiusura della Golden lady o per provare a costruire un'alternativa valida. Il lavoro non è parte della comunità. Il lavoro è la comunità. Il lavoro fa parte dell'identità personale perché una fabbrica non appartiene solo a chi ne possiede l'atto di proprietà; essa è annodata da un legame non legale, ma bensì vitale, alle persone che ci lavorano. Senza queste componenti sarebbe stata un corpo vuoto: senza vene, senza sangue, senza vita. In essa inoltre non si produce solo un prodotto da vendere, si produce ricchezza, per l'azienda e per la comunità stessa, essendo questa formata, dalle persone che dipendono direttamente o indirettamente da essa; la prosperità di questo stabilimento per anni ha trainato lo sviluppo della zona. Le altre attiVità commerciali nell'area sono anch'esse legate all'azienda, in quanto la loro economia si basa sulla ricchezza del territorio, eliminando una grande realtà come la Golden Lady, si assesterebbe un duro colpo alle risorse locali, di cui tutti, non partecipando, con una seria presa di coscienza della situazione, saremmo responsabili. È per questo che ci rivolgiamo prima di tutto a chi può e deve, in ogni modo tentare di salvare questa collettività, a chi ha la forza e la responsabilità di intervenire. Il nostro quindi è un appello alle istituzioni competenti, che si facciano promotrici di trovare insieme con l'azienda una soluzione al più presto, e alle persone che fanno parte di questo territorio perché questo che oggi è un nostro problema (382 famiglie che stanno per assistere alla distruzione della propria identità lavorativa e familiare) non sia un'ulteriore sconfitta per questo territorio già tanto provato da altre vicende. Questa volta non agire non sarebbe più un errore, ma una mirata negligenza. Gissi, 20 maggio 2011 (Foto di Nicola Lucio Ciancaglini)
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