Partecipa a SanSalvo.net

Sei già registrato? Accedi

Password dimenticata? Recuperala

I muratori salvanesi e la loro furbesca parlata

Artarìhunë al crò e ‘nghiummeijë la chiòspë, ca miggiuvànnë…

Condividi su:
Il gergo è una forma di linguaggio parlato da determinate categorie di persone o gruppi sociali che lo adottano per rendere indecifrabile a persone estranee il significato delle loro comunicazioni verbali e che serve per cementare la coesione di gruppo. Credevamo che soltanto i vetturali (trainìre) di Vasto, quando non volevano essere capiti dalla gente estranea, adottassero un linguaggio particolare. Invece abbiamo scoperto che nel secondo dopoguerra anche i muratori di San Salvo facevano uso di una “parlatùre” totalmente incomprensibile ad altre categorie di persone. Ecco alcune parole e locuzioni: Berr = uomo; Sgàbbie = vino; Mmitt = donna; buschiénne = escremento umano, Chiòspe = la madre; Guarnièlle = carni; La caggiatte di miggische è di gréisce= L’innamorata mia è bella; Berre scùppie = carabinieri; Bérre hunnàuse = prete; Harnìlla fudaréte= carne insaccata, ventricina; Sgàbbie de grésce = vino buono. Il gergo veniva tramandato per via orale dal mastro all’apprendista (lu mannébbile). L’avvento delle nuove tecnologie in ogni settore della produzione e nell’organizzazione del lavoro ha messo in crisi la formazione di categorie di persone svolgenti lo stesso mestiere ed accomunate dagli stessi interessi. Il decesso dei più anziani non ha permesso la sopravvivenza del gergo. Nel linguaggio dei muratori sansalvesi erano presenti anche vocaboli dialettali lombardi appresi per contatti diretti di operatori originari dalla Lombardia. Infatti, diversi muratori sono venuti a lavorare a San Salvo. Ecco alcuni termini gergali del dialetto settentrionale, diffusi nel territorio sansalvese: Hoffie = goffio, nel lombardo si dice lòfio; Denaro, nel gergo si dice: “sgùie”, nel lombardo-veneto:”sghèi”; Vino, nel gergo nostrano si dice “sgàbbie”; a Milano “scabbi”. Speriamo che i giovani appassionati delle tradizioni popolari si prendano la briga di approfondire. Ecco una delle locuzioni “furbesche” , che fino ad ora quasi nessuno è riuscito a tradurre: Artarìhune al crò e ‘nghiummeije a la chiòspe, ca miggiuvànne n’artarìhune a tirè sàtte a lu batticchiàlle”. Lettori, provateci! Il nostro portale è a vostra completa disposizione. Michele Molino
Condividi su:

Seguici su Facebook