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Il Parco della Costa Teatina al centro della politica regionale

Seduta odierna del Consiglio Regionale sulla dibattuta questione

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La tutela ambientale torna a 'vivacizzare' la politica abruzzese in queste ultime settimane. Un problema che ha suscitato non poca curiosità fra osservatori politici, ambientalisti e studiosi perché l'Abruzzo da anni vanta il prestigioso primato di 'Regione verde d'Europa' per aver destinato ad aree protette buona parte del suo territorio, circa il 10%, a parchi e riserve. Infatti la regione conta oggi ben tre parchi nazionali (Pnalm, Gran Sasso e Maiella), un parco regionale (Velino-Sirente) e oltre ventri tra riserve e oasi naturalistiche. Questa volta ad accendere i toni del confronto, a volte assai aspro, è il problema dell'istituendo Parco marino della Costa Teatina. Il nodo dovrebbe essere in qualche modo sciolto nel corso dei lavori del Consiglio regionale straordinario convocato oggi a L'Aquila alle 16 che dovrà definire l'iter per l'istituzione definitiva del Parco nazionale della Costa Teatina. Lo hanno richiesto ben tredici consiglieri regionali appartenenti ai gruppi di opposizione (Pd, Idv, Api, Prc, Sel, C.I). Secondo i sottoscrittori della richiesta nel 1997 con la legge 344/97 fu inserita l'area della Costa Teatina a quelle di pregio naturalistico da tutelare previste dalla legge quardo delle aree protette. Nel 2001, con la legge n.93 (disposizioni in campo ambientale) veniva diposta l'istituzione del Parco nazionale Costa teatina. Il Ministero dell'Ambiente d'intesa con la Regione entro 180 giorni avrebbe dovuto procedere all'istituzione del Parco. Contro quella legge l'allora governo regionale di centrodestra propose in tutta fretta un ricorso per dichiarare la incostituzionalità della stessa e comunque un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato. La Corte Costituzionale con sentenza n. 422 del 2002 ha ritenuto la questione non fondata essendo la competenza del Ministero sentita la Regione. La querela tra Governo e Regione si è protratta per molti anni fino a quando, grazie ad un emendamento del senatore abruzzese Giovanni Legnini al Decreto Milleproroghe, lo scorso mese di febbraio, sono stati stabiliti tempi precisi per la istituzione del Parco. La norma prevede che in caso di inerzia del Governo allo scadere del termine del 30 settembre 2011 si provvede a nominare un Commissario ad acta. Lo stesso presidente della Regione Abruzzo Gianni Chiodi, a seguito di un voto unanime del Consiglio, diede mandato all'assessore regionale Mauro Febbo (Pdl). Viene, quindi, deliberata l'istituzione di un tavolo di lavoro, coordinato da Febbo, aperto alla Provincia di Chieti e agli otto Comuni del litorale interessati all'istituzione dell'area protetta, così da definire la perimetrazione e ultimare l'iter amministrativo. Comuni interessati tutti ricadenti nella provincia di Chieti e cioè: Ortona, San Vito Chietino, Rocca San Giovanni, Fossacesia, Torino Di Sangro, Casalbordino, Vasto e San Salvo che possono vantare una popolazione complessiva di circa 110 mila abitanti mentre la fascia costiera interessata al progetto si estende per oltre 70 chilometri. Per il capogruppo in Consiglio regionale di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, quella del Parco della Costa Teatina "è un'occasione da non perdere per rilanciare e garantire una prospettiva di benessere e sviluppo sostenibile della provincia di Chieti e della regione. L'economia del territorio con le sue vocazioni realmente competitive, dal turismo all'agricoltura, ha solo da guadagnare dall'istituzione del Parco. L'istituzione del Parco - evidenzia ancora Acerbo - rappresenta inoltre un'opportunità imperdibile per intercettare risorse e avere accesso a finanziamenti che sarebbe un delitto perdere anche considerando la crisi dei comparti industriali e manifatturieri. Il Parco è anche la più forte e sicura misura di salvaguardia definitiva dal Centro Oli e più in generale dalla petrolizzazione. Certo - sottolinea - dà fastidio ai politici che puntano sulla cementificazione selvaggia della costa e su progetti speculativi che andrebbero a danneggiare una risorsa paesaggistica e ambientale che è la principale ricchezza su cui può puntare il nostro territorio. Senza Parco difficilmente la Costa Teatina riuscirà a resistere all'aggressione del cemento e del petrolio. L'istituzione del Parco - dice ancora Acerbo - che l'assessore regionale Febbo sta minando rappresenta l'unico progetto strategico di valorizzazione del nostro territorio. E' assurdo che tutto questo accada mentre da mesi si discute in Abruzzo di Patti per lo Sviluppo". Sull'altro fronte, invece, l'assessore Mauro Febbo, che presiede il tavolo tecnico istituzionale rintuzza gli attacchi delle opposzioni. "Voglio ricordare al consigliere Acerbo - attacca Febbo - che è proprio grazie al mio lavoro di coordinatore che i sindaci hanno dovuto fare chiarezza sulla loro posizione. Alcuni di essi infatti solo a chiacchiere, forse solo per mantenere una certa coesione all'interno della loro maggioranza, hanno detto di essere favorevoli al Parco mentre a livello ufficiale non hanno prodotto nessun atto indispensabile per proseguire nell'iter in questi 10 anni. Il mio lavoro - evidenzia Febbo - è servito a creare un momento di confronto fondamentale per comprendere quali sono le reali intenzioni delle comunità che vivono sulla Costa e come si pongono di fronte a questo progetto: la posizione dei Comuni, che resta condizione primaria per le azioni che andremo a realizzare, deve essere chiara. Sulla mia posizione invece non ci sono dubbi visto che ho sempre reputato quella del Comprensorio della Costa dei Trabocchi come la soluzione più adeguata e perseguibile. Per questo però - si chiede - secondo Acerbo dovrei dimettermi: perché non dovrei partecipare al Tavolo di lavoro anche se non sono favorevole al Parco? E' come se agli ambientalisti fosse impedito di partecipare ad alcune conferenze di servizi come quella sulla Caccia. Il mio ruolo di amministratore mi impone come obiettivo principale quello di lavorare per il bene delle comunità che rappresento. L'iter che dovrebbe portare alla nascita del Parco, o comunque ad un'altra soluzione, deve posare su basi solide e tra queste - conclude - vi sono necessariamente la condivisione e la concertazione con le comunità coinvolte. Acerbo invece provi a spiegare come avrei fatto ad incidere sulle decisioni dei Comuni". Ma perché oggi il solco che divide le le due posizioni tra i favorevoli ed i contrari all'iniziativa è così marcato? E' opinione diffusa che nell'area dell'istituendo Parco, infatti, insistevano già siti naturalistici di interesse comunitario: molte amministrazioni comunali, dunque, ritenevano inutile, e forse lo ritengono ancora oggi, il nuovo organismo. Contrarietà, all'epoca, fu espressa sia da Comuni amministrati dal centrodestra che dal centrosinistra, tutti favorevoli alla messa in rete delle riserve già esistenti piuttosto che al Parco. Il timore principale degli enti locali riguardava soprattutto un aspetto: si riteneva che il Parco avrebbe potuto bloccare gli investimenti per la realizzazione di quelle infrastrutture indispensabili per il decollo dell'economia turistica dell'area, su cui già era stata portata avanti una campagna di promozione internazionale. Il resto appartiene alla normale dialettica politica di provincia fatta spesso di personalismi che di argomentazioni solide e di prospettive. Certo, nella regione dei parchi questo brusco cambiamento di strategia per la tutela ambientale fa discutere e forse dovrebbe preoccupare non poco la politica. Ma oggi se ne saprà, forse, di più.
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