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Muore in ospedale l'imprenditore Gianfelice

Un caso di malasanita' ?

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VASTO - 29 Dicembre 2011 Muore in ospedale imprenditore sessantenne Situazione kafchiana è definita in genere una situazione quantomeno paradossale. E si giudichi se quella che riferiamo di seguito non sia una situazione kafchiana, oltre che tragica. Nicolino Gianfelice, imprenditore di sessant’anni, viene ricoverato prima di Natale nel reparto di urologia del nosocomio vastese. Gli viene diagnosticato un tumore ad un rene e se ne dispone l’asportazione. L’intervento chirurgico viene eseguito dal primario e dalla sua equipe il 28 dicembre. Verso le nove e mezzo il paziente dal primo piano viene portato in sala operatoria, da dove esce verso le tredici. I medici dicono ai famigliari che l’operazione è andata “meglio del previsto”. Il paziente viene riportato a urologia, dove parla, accusando solo brividi di freddo. Nel pomeriggio nessuno si accorge che qualcosa sta andando storto. Solo verso le diciannove dicono allo stesso Gianfelice che ha bisogno di trasfusioni di sangue ed è lui stesso a firmare la relativa autorizzazione. Viene quindi riportato nel blocco operatorio per essere riaperto. I parenti riferiscono che Schips abbia detto loro “è solo una rottura di scatole per voi e per me”. Il primario si chiude nella sala operatoria ed esce alle ventidue, comunicando agli ignari quanto sorpresi famigliari che “il paziente non ce l’ha fatta: è morto”. La moglie dello sfortunato imprenditore cade a terra disperata, mentre i due figli Stefano e Fabio accusano: “nostro padre è morto ammazzato”. Arriva la polizia e nel trambusto esce un altro medico, che invece dice: “ma che morto ? Il paziente respira”. Nel frattempo giunge pure l’ avvocato Giovanni Cerella, per assistere la famiglia nella denuncia dell’increscioso fatto all’Autorità giudiziaria. Gli animi si placano, mentre una cinquantina di amici e parenti in trepida attesa sperano che la situazione migliori. Alle cinque e trenta del mattino seguente, dopo una notte di trasfusioni e preghiere nell’attigua cappella, i sanitari comunicano che Nicolino Gianfelice è morto. Stavolta per davvero. Più tardi in ospedale tornerà l’avvocato Cerella, mentre la famiglia ha deciso di nominare come perito di parte Cristian D’Ovidio, noto anatopatologo di Chieti, che dovrà in loro vece presenziare all’esame autoptico disposto per domani pomeriggio dal magistrato. I fatti sopra riferiti sono duri e crudi e possono essere confermati da almeno una ventina persone. Ma ora veniamo alle opinioni, anzi alle deduzioni, che non si possono non trarre. E’ possibile dare per morto alle ventidue un paziente che invece morirà oltre sette ore dopo ? Si può dire ad una famiglia che “l’intervento è andato meglio del previsto” e poi perdere il paziente nel volgere di una quindicina di ore, peraltro in modo kafchiano ? A queste domande (ed alla relativa denuncia) la famiglia e la magistratura cercheranno risposte nelle cartelle cliniche e nell’autopsia. Ma la direzione sanitaria dell’ospedale farebbe bene a prendere in considerazione queste due domande. E se le dovesse ignorare, di fatto autorizzerebbe la famiglia a pensare che il dott. Kafka lavori a Vasto.  
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