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L’affascinante storia della chiesetta della Madonna di Fatima e di coloro che la costruirono

Fu il primo luogo di culto dei 'pionieri di Contrada Stazione'

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Chi sale dalla vecchia strada provinciale per andare a San Salvo, non deve fare particolari sforzi visivi per vederla, chi scende invece, deve fare attenzione perché potrebbe sfuggire allo sguardo. Chi? Che cosa? Dicevano i nostri insegnanti d’italiano: complemento oggetto!

Nel nostro caso però, la chiesetta della Madonna di Fatima è... Oggetto di com-plimenti. Essa, è stata già definita la piccola cattedrale dei pionieri di Contrada Stazione. Nel tempo, infatti, non è mai stata abbandonata. I fedeli che l’hanno edificata, non hanno mai smesso di amarla, custodirla e curarla, come tutti i cappellani e parroci che, nel tempo, si sono avvicendati.

Il primo, fervoroso e indimenticato, fu il Cappuccino Padre Alberto Mileno, fondatore dell’Istituto 'San Francesco' di Vasto Marina. Dalla sua nascita, a tutt’oggi, nella Chiesetta non si è mai smesso di officiare. Tantissime persone del posto e non, qui hanno ricevuto tutti i sacramenti. Dai primi anni ’70 poi, sono state organizzate anche gare sportive, culinarie e vinicole.

Uscendo dal sottopassaggio della ferrovia, la Chiesetta si presenta allo sguardo dell’autista o dei pochi passanti... quasi a... impatto. La prima impressione è quella di una serena e vigile sentinella, tra 'il nuovo e l’antico'.
Il paesaggio urbano di agglomerati in cemento più o meno colorati che la precede e/o segue, è decisamente architettonicamente...'perdente e stonato' a confronto della sua semplicità naif.

Non avendo cancelli, steccati o reticolati, Il piccolo tunnel sotto i binari, costituisce, la sua 'porta d’ingresso', il naturale accesso a tutto quell'ecosistema urbano che comprende: la Vecchia Stazione”, la Storta fumigante/Distilleria ALA, il Mulino Pantanella e il Primo nucleo abitativo dei pionieri. Piccoli/grandi gioielli del secolo scorso di cui - più che non dimenticare – si cerca di 'prendere coscienza che esistono ancora'.

La Chiesetta, si presenta allo sguardo di chi cerca l’essenziale in tutta la sua: sacralità, spiritualità, e... purezza di linee. Quando un bambino disegna la sua prima 'casetta/chiesetta' è uguale a lei o... le somiglia molto. Volendo poi, fare un parallelo con delle radici storiche molto più lontane, ella appare come una.. Domus ecclesiae, ossia una casa divenuta chiesa. Proprio come i primi cristiani, quando, perseguitati – prima dell’Editto di Costantino – adibivano un locale della propria casa a sala eucaristica-preghiera-agape fraterna.
C’è molto sapore di 'pareti domestiche' nella nostra 'Chiesetta', una sorta di 'prolungamento' delle case e degli affetti di chi l’ha voluta e amata. Anche per coloro che 'credono' di non pregare o di non credere nel Trascendente, essa, guardandola, riesce a strappare: un moto del cuore, un pensiero bello, una preghiera, un vivo ricordo, un segno di croce, un semplice 'Ave'.

La Chiesetta si presenta con l’esterno di mattoni a faccia vista, il piccolo campanile con la campana che ancora viene tirata a mano con la corda, due panchine ai lati del vialetto d’ingresso, due palme sui bordi, qualche pianta di rose, un verdissimo prato e tre maestosi tigli che la sfiorano proseguendo 'il loro cammino' sulla vecchia Strada Trignina. Tutti elementi che ne accrescono la sensazione di pace e il desiderio di sostare un attimo. Di certo, vederla, è sempre 'un incontro percettivo dello spirito'. L’interno è scarno, della stessa essenzialità di coloro che - vanga e badile - la vollero e la edificarono.

Il presbiterio è piccolo, la navata è unica, ma vi è il tabernacolo, segno che 'Gesù è Vivo e Presente sotto il segno del Pane'. Due sono le statue, quella del Sacro Cuore e Lei: la Signora che apparve ai bambini di Fatima, vestita di bianco e coronata di dodici stelle: è bella, dolcissima, accogliente e, le si può parlare con fiducia anche da fuori.
Entrambe le statue furono offerte nei primi anni 60, dai fratelli De Nicola: Donato, Antonio e Sabatino.

La Chiesetta, venne 'pensata con amore' dai primi abitanti e poi realizzata. Nei tempi che furono e che si spera ri-tornino presto, non si costruivano 'tre case' senza che nascesse il desiderio di una: edicola, icona sul muro di casa, una chiesetta, una chiesa fino alle maestose cattedrali. Diciamo che il desiderio di costruire 'il sacro' nell’uomo è antropologico.
In genere, tutti i 'Sud del mondo' emigrano verso 'i Nord'. La Contrada Stazione, di cui si ha memoria personale e quella dei testimoni invece, sembra sfuggire a questa regola non scritta. Un'indagine storica tra i più anziani, ha rivelato che, i loro paesi d’ origine, risultano essere tutti più a Nord. Essi provengono da: Pineto, Giulianova, Atessa, Rocca Scalegna, Pollutri, Silvi, Roseto, Sambuceto, Lanciano. Un flusso migratorio che nacque tra la Prima e la Seconda guerra mondiale.

Questi gruppi familiari oriundi, giunsero in questo angolo di mondo, soprattutto come mezzadri, per coltivare i terreni della vicina Padula. Centinaia di ettari di terra pianeggiante che da secoli era latifondo. Essi furono acquistati nella prima metà del secolo scorso, da una ignota Società immobiliare milanese, di cui, un certo notaio Colantonio fu, prima socio, poi proprietario e lottizzatore.

Queste famiglie si lasciavano alle spalle paesi e paeselli, dove si strappava con enorme fatica un pezzo di pane a triangoli di terreni sassosi e ripidi e, dove, buoi e contadini, facevano una fatica enorme a tirare l’aratro. Le campagne della Contrada Stazione, invece, sono comode da lavorare perché pianeggianti, anche se, all’epoca, erano ancora parzialmente da bonificare. Nei primi tempi, infatti, vi si coltivava anche il riso negli acquitrini ora scomparsi. La vicinanza alla Stazione ferroviaria e alla Strada Statale 16, facilitava il movimento dei prodotti agricoli. Tra i primi ad arrivare si ricordano le famiglie: Centorame, Cacciagrano, Tumini, Grassi, Sterpetti Angelo, D’Andreamatteo, De Dominicis, D’Aurizio, Di Fonzo, Di Giuliano, Panico, Rucci, Zinni, De Nicola, Massi e, più tardi: Spadano e Di Tommaso.

Da tutti gli altri, essi, sono ritenuti i 'Padri Fondatori' della Chiesetta. Fu nel lontano 1960 che decisero essere giunta l’Ora.. di costruire'. La ditta Molino fornì gratuitamente i materiali.
Come risuonano belle e a proposito, le parole dell’evangelista Matteo: «La bocca parla dall’abbondanza del cuore» (Mt,12, 34).
Le stesse persone, per anni, formarono anche l’affiatato Comitato festa che, ogni anno, la prima domenica d’agosto - con data variabile - organizzava una festa alla Madonna e al Sacro Cuore, con tanto di: santa messa, processione, cassarmonica, musica, bancarelle, panini con la porchetta, polli al forno e quant’altro. I Sansalvesi 'di sopra' partecipavano con gioia e numerosissimi.
Si ricorda persino di uno scherzo un po’ pesante fatto ad un partecipante: un candelotto di fuochi d’artificio legato alla cinta dei suoi pantaloni che scoppiò. Il malcapitato, prima imprecò, poi chiese perdono al di lui vicinissimo parroco di San Giuseppe, don Cirillo, presente alla festa.

Esiste una memoria viva che racconta di tutti gli uomini della nascente comunità impegnati a scavare le fondamenta della Chiesetta con la vanga e, le bambine, che portavano loro bottiglie d’acqua fresca per dissetarli. Il terreno fu donato dal Consorzio di Bonifica. La festa dell’inaugurazione, vide anche la presenza dell’allora Vescovo di Chieti-Vasto Mons. Giovanni Battista BosioPadre Alberto Mileno e don Cirillo. La Chiesetta però, divenne Parrocchia solo nell’anno 1976 per volontà dell’Arcivescovo Mons. Vincenzo Fagiolo.
Don Luigi Smargiassi ne divenne il primo parroco. Egli però, già era qui in pianta stabile dal 1969. Furono tempi di grandi speranze e fervore creativo contagioso, una Comunità che cresceva in fede, spirito di unità, e concordia.

Si ricorda con affetto particolare la prima storica collaboratrice parrocchiale: la defunta signorina Giulia Ciccarone di Vasto, che è stata punto di riferimento e formazione per molte giovani e catechiste. L’arrivo del secondo flusso migratorio, tra la fine degli anni ’60 e oltre, per via del rapido sviluppo del Nucleo industriale, vide la Comunità crescere demograficamente e urbanisticamente a vista d’occhio, si sentì la necessità di un luogo di culto e preghiera più capiente e maggiori spazi per i bambini. Nell’anno 1977, prelevata dal greto del fiume Treste, venne messa a dimora la prima pietra della Parrocchia della 'Risurrezione di N.S.G.C.', ma, questa, è un’altra storia.

Negli anni’ 90, la Chiesetta ebbe bisogno di una ristrutturazione per rappezzare le ferite del tempo. Ogni giorno, si videro all’opera per quasi due anni i figli e i nipoti dei padri fondatori, essi lavoravano alacremente con pale e bitumiera, raccolsero fondi con una lotteria e persino lottarono per un contenzioso che rischiava di far diventare la Chiesetta proprietà privata. Altri ancora, offrirono il lavoro di: architetti, geometri, artisti della via Crucis e altro. Essi si chiamavano: Giacinta De Lellis, i fratelli Spadano: Giuseppe, Luigi, Eugenio e i nipoti Franco e Silvia, Falco D’Andrea per la restaurazione della porta, Mareglia Alfredo per la struttura e Angelo Bocchino per l’illuminazione. Il defunto signor Francesco Spadano - anni avanti - acquistò il nuovo organo e, prima di morire, destinò una somma a disposizione della Chiesetta.

La signora Lucia De Dominicis Amoroso, bussò a tutte le porte di San Salvo, della Marina e anche di Vasto per raccogliere la carità spicciola, che è sempre quella che rende di più. Un'impresa titanica, fatta di: mille, cinquecento, cento lire e tanti, tantissimi, nulla.
La Chiesetta, è stata e resta, luogo di: evangelizzazione, eucaristia, fraternità, carità, incontro e conoscenza reciproca, socializzazione, progetti di bene, passaggio di consegne dei 'vecchi' con i 'nuovi'. Di essa, si ricordano persino i pullman che, da qui partivano per Roma verso la Terra Santa e qui tornavano a ringraziare la Madonna di Fatima, con al collo il foulard del pellegrino che, il signor Natalino Sozio, donava sempre a tutti i partecipanti. Come dite? La scritta su di esso? 'Chiesetta San Salvo Marina', naturalmente. Come fu richiesto così..lo si ottenne.

Se poi vi dovesse capitare di proseguire appena un po’ oltre, con gli occhi della memoria del cuore, potrete ancora udire la voce di zia Annina che, a tutti coloro che la salutavano davanti casa, rispondeva: «Entra che ti faccio un caffè».

Si ringraziano per le notizie storiche: Rita e Antonietta Di GiulianoLidia CacciagranoFernando SparvieriAnna StivalettaInnocenzo e Nicoletta RucciGiuseppe Spadano, Ivalda Di Loretodon Luigi SmargiassiD’Aurizio Antonio.
Le foto storiche sono state gentilmente messe a disposizione dalla signora Rita Di Giuliano e Giovanna Gillana.

Nota Bene: le persone che sono state contattate per le testimonianze si sono entusiasmate al punto di pensare di riorganizzarsi per una festa, negli spazi e nello stile di quelli di una volta, da tenersi in giorni caldi e – con eventuali ricavati – fare della manutenzione alla Chiesetta di cui già si avverte la necessità.

Le foto attuali della chiesetta sono di Ines Montanaro

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