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Dialoghi per la pace: San Salvo abbraccia i rifugiati

Ieri la giornata mondiale del rifugiato in piazza San Nicola a San Salvo

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Ieri sera a San Salvo, presso la parrocchia San Nicola e col patrocinio del Centro Caritas Gerico in collaborazione con la cooperativa Nuvola, si è tenuta "Dialoghi di Pace -Liberi di scegliere", in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato. Tra gli ospiti, oltre ai tanti sansalvesi incuriositi e coinvolti, anche la cooperativa sociale Mea, insieme a molti migranti e rifugiati di vari paesi.

L’evento ha visto una piazzetta gremita, in un’atmosfera calda, accogliente e partecipativa.

Sul palco si sono alternate musiche, poesie e canti intonati da artisti del territorio, corroborati dalle performance danzanti ed espressive dei giovani dell’Azione Cattolica Ragazzi afferenti sempre alla parrocchia di S. Nicola. 

A impreziosire e screziare d’autenticità l’evento tuttavia sono state le testimonianze dei rifugiati stessi. Come può evincersi dal titolo infatti, il nucleo centrale sul quale si è andata imperniare l’intera serata è stata la figura umana del rifugiato e il suo significato declinato ontologicamente e cronologicamente nell’attualità.

A salire per prima sul palco, aiutata nella mediazione linguistica da Olga Hunszilovich della cooperativa Nuvola – altrettanto emozionata e commossa -, c’è stata Anna, che dopo aver descritto gli orrori e le struggenti fughe dalla sua terra, l’Ucraina, ha ringraziato l’Italia per l’ospitalità e il calore quotidiano dai quali si sente investita quotidianamente e per i quali – ci dice - è sinceramente contenta di vivere qui da noi, sebbene (com’è giusto che sia) dalle sue parole traspaia quel dolore che irradia da un cuore provato e che sembra dire “nessun afflato di accoglienza, per quanto sincero e grande, può bastare a placare il profondo desiderio di tornare nella mia terra e a Casa mia”.

Poco dopo, coperto in volto per paura di essere riconosciuto, trovato e punito una volta di più, è salito sul palco Alì, 24 anni, aiutato nella mediazione linguistica dalla psicologa del Centro Nuvola Dott.ssa Valentina Fornaro. Dopo un attimo di esitazione, la sua voce coraggiosa, in un inglese sicuro ha preso a vibrare, nell’aria effervescente dell’ultimo giorno di primavera, componendo in pochi minuti una storia di dolore, fuga e profondo dramma umano. Alì si è trovato costretto alla fuga dal Pakistan per via del ritorno nel Paese dei talebani. A causa della sua affiliazione politica con un partito a difesa dei diritti civili e delle donne, Ali è stato subito preso di mira insieme a tutta la sua famiglia; i talebani poi, secondo il suo racconto,si sarebbero resi responsabili della scomparsa a tutt’oggi irrisolta di suo fratello maggiore. Per questo Alì ha deciso di scappare, e il peregrinare forzato a cui si è sottoposto per evitare la persecuzione lo ha portato come ultima destinazione qui in Italia. Adesso dice che è più tranquillo di prima, dice di sentirsi meglio, col passare dei giorni. Ha poi ringraziato tutti coloro che lo hanno aiutato a trovare rifugio e lo stanno aiutando a integrarsi e a vivere dignitosamente.

A seguire, sempre con il sostegno sia morale che linguistico della Dott.ssa Fornaro, è salito sul palco Hossam, un ragazzo egiziano di 24 anni. L’emozione di esporre tanto dolore sul palco era palpabile eha fatto sì che le parole spesso caracollassero con mestizia e imbarazzo le une sulle altre; la sua storia tuttavia ha lentamente preso forma, assumendo i contorni di un’opera romantica e tragica di persecuzione da parte della sua famiglia a causa del suo orientamento sessuale. Per via della sua omosessualità, infatti,Hossam ha subito il disprezzo e le torture della sua famiglia. Ripete più volte – soffermandosi ad asciugare le lacrime che copiose gli rigavano il viso asciutto e olivastro – quanto si sia sentito solo, perduto, svuotato, espunto come fosse un errore di battitura nella vita familiare, rifiutato e senza valore. Anche lui, come Anna e Alì, ringrazia l’Italia e gli italiani per quello che stanno facendo per lui. Una volta sceso dal palco, verrà poi avvicinato dalla gente del pubblico, scaldata dal suo racconto e pronti a tendergli una mano di sostegno, comprensione e conforto. Ecco, forse proprio quegli abbracci commossi della gente ad Hossam incapsulano meglio di qualsiasi altra cosa il senso di questa serata. Se questa serata fosse un unico gesto, sarebbe l’abbraccio a persone come Hossam.

L’ultima delle testimonianze è venuta dalla viva voce di Mohammed Arif, che ha deciso di parlare senza mediazione, nell’italiano che ha imparato nella cooperativa Nuvola in questi mesi. Mohammed ce la sta mettendo tutta per riuscire a sistemarsi e a vivere con dignità: ci dice che sta lavorando, sta studiando l’italiano e spera di poter portare tutta la famiglia con sé un giorno.

La serata poi si è conclusa con un rinfresco conviviale, nel quale il pubblico ha potuto scambiare ancora altro affetto e genuina umanità con tutti gli ospiti che fino a pochi minuti prima erano sul palco a condividere con gli astanti il proprio intimo dolore. La piccola mostra d'arte di disegni forniti dalle classi della scuola Melvin Jones e dai bambini del quartiere, poi, hanno lanciato un messaggio di speranza, di amore e di pace.

 

 

 

 

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