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“O si impara l’educazione in casa propria o il mondo la insegna con la frustra e ci si può far male” (Franci Scott Fitzgerald)

Riflessione di Don Michele

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Concordo con questa affermazione. Se non si plasma il carattere nei primi anni vita, attraverso una sapiente opera di cesello spirituale, si entra nel mondo senza la vera attrezzatura per vivere. E cominciano, allora, le delusioni, le ferite, le sconfitte. Ai nostri giorni, forse perché sono tanti quelli privi di educazione, sembra talora che proprio costoro siano i più fortunati. Entrano in scena con arroganza e sono rispettati; prevaricano e nessuno obietta; si mostrano volgari e sono applauditi. Tuttavia, anche se l’andazzo è questo, non lasciamoci condurre da questa deriva: c’è, infatti, una dignità personale che vale infinitamente di più di un successo momentaneo e banale. 

“A Napoli un semaforo rosso non è un divieto, è solo un consiglio” (Luciano De Crescenzo). È necessario per tutti, credo, un ritorno non solo alla legalità in senso lato e alto ma anche in senso spicciolo e quotidiano. La sapienza biblica si preoccupa di ricordare che c’é una presenza divina e quindi una risposta fedele da vivere e testimoniare anche nelle realtà modeste dell’esistenza. È per questo che, ad esempio, nel libro dei Proverbi troviamo persino norme di galateo. Insozzare le vie, imbrattare i muri, devastare ambiti e mezzi pubblici, non rispettare le norme del traffico, abdicare alle regole del vivere comune e della cortesia non sono, dunque, soltanto comportamenti disdicevoli a livello sociali e civili, lo sono anche in senso morale e religioso. È per questo che, come si educa a superare l’immoralità della violenza, delle violazioni delle leggi penali gravi, della corruzione, così si devono combattere con fermezza il disprezzo nei confronti dei regolamenti, la prevaricazione verso i doveri civili più semplici.

La cronaca, purtroppo, ci mostra quotidianamente fenomeni di bullismo: video girati da studenti nelle scuole che riprendono atti sessuali, volgarità, degenerazione. Ora, tutti fanno finta di cadere dalle nuvole, ma questo è esattamente lo specchio della nostra società, il triste risultato dell’onda lunga della “rivoluzione culturale”, del “vietato vietare” sessantottino e di chi ha lasciato fare. La difficile via d’uscita a questo punto è una sola: imporre l’ordine, le regole, pretendere che la scuola, e in genere in ogni settore della vita pubblica, punti non alla quantità ma alla qualità. A mio modesto parere non è giusto che tutti abbiano tutto; il tutto bisogna conquistarselo. La nostra società, dove ci sono solo diritti e nessun dovere, non riesce più a esprimere genio, creatività, innovazione. Sarà difficile cambiare, anche perché i chiacchieroni che nel ’68 facevano la lotta studentesca, pretendendo un mondo senza regole, oggi occupano tutti posti di potere. E se ne infischiano.

A volte i genitori cristiani si ritrovano soli a educare ai valori della fede tra i tanti venti di dottrine nefaste, soprattutto quando si tratta di affettività e sessualità secondo l’insegnamento di Cristo e della Chiesa. Anche tra gli educatori di AC non si preoccupano di parlare orientando secondo la fede. E il rischio, o meglio, il risultato è che molti giovani dei gruppi ecclesiali, hanno due vite parallele: quella di bravi giovani che una volta la settimana frequenta l’AC, gli scout o i salesiani, e quella in cui nelle sere successive si concede al mondo in libertà, senza regole, perché nessuno le presentano loro. C’è in tutto questo sicuramente un’omissione da parte degli adulti cristiani! Forse si sta evitando volutamente certi temi e certe problematiche giovanili, per paura di perdere consenso. Ci basta che vengano a far numero.

O forse siamo i primi a non credere più a certi valori! Io non voglio mollare, anche perché i giovani sono bombardati dalla stupidità, dalla volgarità, dalla pornografia che trovano a piene mani nei programmi e canali a loro dedicati. È il caso, per i genitori cristiani e per i sacerdoti, di fare quanto è nelle nostre possibilità, parlando della bellezza della purezza, almeno fornendo loro un illuminato senso critico.
I ragazzi sono spesso deboli di fronte alle suggestioni del mondo. C’è un’industria che li ha di mira continuamente, che specula con scientifica metodologia su di essi e sul loro desiderio di vita. Un’industria che crea in loro una serie pressoché infinita di falsi bisogni; cattura le loro anime e le tiene legate, ben strette, in basso, dove regnano solo la quantità e le cose.

Di fronte al futuro e alle possibili molteplici vite che esso contiene, i modelli che più attraggono i nostri ragazzi sono quelli che luccicano di più, che gridano di più, che danno i risultati più appariscenti nell’effimero volgere del tempo quotidiano. È la storia del “vitello d’oro” che durerà fino a quando vi saranno gli uomini. È necessario trovare “ragionamenti persuasivi per indirizzare i giovani all’amore del bene e del giusto, e per indurli a stringere fra loro legami di amicizia e di solidarietà reciproca” (Platone).

È necessario che “trascuriamo le altre conoscenze per farci ricercatori e cultori solo di quella che mette in grado di riconoscere e di scovare l’uomo che saprà conferire la capacità, pratica e teorica, di scegliere sempre e in ogni caso la migliore vita possibile” (Platone). Tutto il sapere, perciò, va ricondotto alla ricerca del Maestro in grado di indicare il modello della vita migliore che, con severa disciplina, sà condurre in altro, verso il bene e l’amore, verso la verità. Ma si tratta di fare fatica. Come nessuno pensa di poter migliorare la condizione fisica del proprio corpo senza la fatica della ginnastica e di una dieta, allo stesso modo nessuno deve pensare di poter progredire nella vita spirituale senza “fatica”. Senza il lavoro in questo mondo non si ottiene nulla; meno che mai, nella difficile lavorazione di se stessi.

Perciò è necessario che ricerchiamo non “una spiritualità facile e gustosa…vie dolci e dilettevoli, ma una dottrina solida e sostanziosa” (San Giovanni della Croce). 

“Lodiamo pure i giovani, esaltiamo l’adolescenza, adoriamo estatici la puerizia. Ma ricordiamoci anche che gli uomini i quali hanno rinnovato il mondo sono sempre usciti da scuole dove i capricci e gli impeti della giovinezza erano corretti e frenati e dove i ragazzi si davano per modello gli uomini e le loro più stabili e provate virtù. La vite è sempre appoggiata all’olmo, non l’olmo alla vite” (Ugo Ometti). Una sana e sobria lezione di saggezza educativa! Troppo spesso, infatti, ai nostri giorni, per evitare turbe o repressioni, si è inclini a concedere tutto ai ragazzi e ai giovani, lasciandoli così nella loro “imperfezione”, correndo il rischio di avere eterni bambini, coccolati e capricciosi.

È per questa via che si creano persone immature e tutt’altro che grate a quanti hanno concesso loro tutto. Anche il giovane, infatti, riesce a capire, di là dal suo spontaneo egoismo, che ciò di cui ha realmente bisogno è altro e che questo “altro” è da conquistare con fatica. San Giovanni Paolo II non ha mai edulcorato la provocazione e la severità dell’annuncio evangelico e le esigenze che i veri valori comportano. L’olmo solido e sicuro è necessario alla vite flessibile perché essa dia frutto.

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