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Non siamo creati per essere servi, ma per essere concittadini dei santi

Commento al vangelo

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La prima domenica del tempo ordinario è tradizionalmente quella del Battesimo di Gesù, che abbiamo celebrato domenica scorsa. Già di per sé è una festa molto simile all'epifania, perché entrambe sottintendono una manifestazione di Gesù, il suo rivelarsi al mondo. In un immaginario poliedro, il Vangelo di questa domenica è tematicamente il continuo delle feste celebrate.

Giovanni il precursore addita finalmente il messia, il Cristo di Dio tra i tanti che affollano le rive del Giordano per ricevere il Battesimo. Giovanni vedendo arrivare Gesù lo chiama "Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo". È un concetto che è passato anche nella nostra liturgia pensiamo all'inno del Gloria o all'acclamazione che si canta alla frazione del pane eucaristico, quando si ripete esattamente questa frase, questo nome-missione detto da Giovanni.

Ne abbiamo perso un po' il significato probabilmente, a causa dell'origine giudaica di questo simbolo: è simbolo di innocenza e di candore, ma nella legge ebraica l'agnello è l'animale tipico del sacrificio di espiazione, è l'animale il cui sangue viene sparso sugli stipiti delle porte per sfuggire alla morte dei primogeniti: è in sostanza simbolo di salvezza.

L'apocalisse chiamerà e indicherà Gesù come "l'agnello immolato ritto in piedi" cioè risorto. Ma il racconto evangelico di oggi è l'intera liturgica della parola sono letture che ci permettono con un solo sguardo di osservare tutta la realtà della nostra fede che sinteticamente potremmo esprime con la frase: da servi a figli. Isaia nell'oracolo profetico lo dice esplicitamente: è troppo poco che tu sia mia servo, ti farò luce delle nazioni.

La creatura che onora Dio risplende della luce che proviene dal creatore, diventa la sua gloria; già sant'Ireneo nel 180 circa scriveva: "la gloria di Dio è l'uomo vivente". Ma non siamo creati per essere servi, ma per essere concittadini dei santi, o come dice Paolo nella seconda lettura: "santi per vocazione". Per darci figli il Padre manda a noi il Figlio, perché solo in lui può avvenire questa trasformazione intima che ha la sua origine nel Battesimo.

Gesù viene per prendere e portare su di sé il peccato del mondo (questo è il significato originale del verbo "togliere "), l'ostacolo che ci impedisce di essere figli nel Figlio. Il segno che a Giovanni è dato per riconoscere l'agnello di Dio è lo Spirito Santo che non sono scende su Gesù ma come specifica il Vangelo vi rimane.

Gesù è pieno dell'amore di Dio che è lo spirito, per mezzo del quale sarà il sacramento efficace dell'amore del Padre, l'amore di Dio fatto persona. Nello stesso Vangelo Giovanni dirà che Gesù sulla croce non muore ma "consegna lo spirito", lo dona completamente affinché questo Spirito santo che lo ha costituito in potenza Figlio ( Rm 1,3-4) plasmi non solo gli uomini (come leggiamo in Gen 2) ma le creature nuove, i figli di Dio. Destino di cielo il nostro, spesso barattato con una vita servile nei confronti di altre creature o addirittura di oggetti: oggi siamo invitati ad alzare il nostro sguardo e a indicare come Giovanni l'agnello di Dio, l'unico che può prendere su di sé il peccato del mondo, il mio peccato .

 

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