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Mio Signore e mio Dio!

Commento al vangelo

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II Domenica di Pasqua A

 

I discepoli erano chiusi in casa per paura. È un momento di disorientamento totale: l’amico più caro, il Maestro che era sempre con loro, con cui avevano condiviso tre anni di vita, quello che camminava davanti, per cui avevano abbandonato tutto, non c’è più. L’uomo che aveva spalancato per loro orizzonti infiniti, è ora chiuso in un buco nella roccia. Ogni speranza è finita. E in più c’è la paura di essere riconosciuti e di fare la stessa fine del Maestro.

Ma quegli uomini e quelle donne, insieme a Maria, fanno una scelta sapiente, forte: stanno insieme, non si separano, fanno comunità, sono riuniti nel Cenacolo. Forse sarebbero stati più sicuri a disperdersi fra la folla e le carovane dei pellegrini. Invece, appoggiando l’una all’altra le loro fragilità, non si sbandano, si fanno forza di fronte alla paura. Sappiamo due cose del gruppo: la paura e il desiderio di stare insieme.

Carissimi, diceva S. Gregorio Magno: “A noi giovò più l'incredulità di Tommaso che non la fede degli apostoli”. Tommaso c’è utile più degli altri. Perché ci mostra quale grande educatore fosse Gesù: aveva formato Tommaso alla libertà interiore, al coraggio di contestare sempre ogni cosa, per seguire la propria coscienza.

Erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per paura dei Giudei, di essere perseguitati.

Una comunità chiusa, impaurita, a porte sbarrate. Tommaso no, lui va e viene, è un coraggioso (ricordate…aveva detto i suoi compagni: “andiamo anche noi a morire con lui!”). Lì dentro si sentiva mancare l'aria.

Gli dicono i Discepoli, quando lui con c’era: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Tommaso è un prezioso compagno di viaggio, come tutti noi, dentro e fuori della Chiesa, che vogliamo vedere, toccare con mano, con (forse!!!) la serietà che merita la fede; tutte quelle persone esigenti, che non si accontentano del sentito dire, ma vogliono una fede che si incida nel cuore e nella vita.

Che bello se anche noi tutti fossimo educati con lo stile di Gesù, che formava più alla serietà e all'approfondimento, alla libertà e al coraggio, che non all'ubbidienza. Padre Giovanni Vannucci, sacerdote e teologo dell'Ordine dei Servi di Maria (morto nel 1984) diceva: “non pensate pensieri già pensati da altri. Per non fare spreco dello Spirito”.

Poi il momento centrale: l'incontro con Cristo Risorto. Gesù invece di imporsi, si propone, si espone: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano, e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!”.

Gesù rispetta la sua fatica e i suoi dubbi; rispetta i tempi di ciascuno di noi e la nostra difficoltà nella vita di ogni giorno. Non si scandalizza, si ripropone con le sue ferite aperte.

La risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi, perché la morte di croce non è un semplice incidente da superare, è invece qualcosa che deve restare per l'eternità, per la gloria del Signore, il punto più alto dell'amore di Dio. Nel cuore del cielo sta, per sempre, carne d'uomo ferita. “Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!”.

Ecco una beatitudine che dobbiamo sentire nostra (per chi fa’ fatica, per chi cerca senza uno scopo, per chi non “vede” o fa’ finta di non vedere, per chi ricomincia sempre da capo. Le altre beatitudini sono un po’ difficili da vivere…sono per pochi coraggiosi.

Allora, carissimi saremo beati...Grazie a tutti quelli che credono senza necessità di segni, anche se hanno mille dubbi, come Tommaso. Sono quelli che se una volta potessero toccare Gesù da vicino - vedere il volto (nelle persone sofferenti nel corpo e nell’anima), toccare il volto (degli ammalati, dei poveri) - se una volta potranno vederlo, ma dentro il proprio cuore, anch'essi potranno dire: “Mio Signore e mio Dio!”.

Il Gesù Risorto deve essere il fondamento su cui poggiare tutta la nostra vita. Ma allora, a cosa dobbiamo credere se vogliamo vivere? Dobbiamo credere fino in fondo all'insegnamento di Gesù, alla comunione tra noi, all'eucaristia, alla preghiera. Amen.

 

 

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