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Gesù disse ai suoi discepoli: “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti...” (Gv 14, 15-21)

Commento al vangelo

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Per comprendere l’espressione di Gesù, occorre evitare un’interpretazione riduttiva del termine “comandamenti”. Non si tratta soltanto di norme, leggi, prescrizioni, divieti. Bisogna superare una visione meramente legalista e giuridica per attribuire, invece, al termine “comandamenti” il senso più ampio di “insegnamenti”. Qui è questione dell’insegnamento di Gesù nel suo complesso.

Non una lista rigida di disposizioni legislative, ma un messaggio. Non un codice, ma un Vangelo. Ed è proprio  questo Vangelo che va “accolto” come Parola di Dio, e va “osservato”, ossia deve diventare principio ispiratore della condotta. Tutto ciò non in un’ottica  di paura, ma in una prospettiva di libertà e di amore.

 “Se mi amate, osserverete i miei comandamenti”.

“Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama”.

“Chi mi ama sarà amato dal Padre mio”.

Ecco. Da queste frasi vien fuori la figura del cristiano. Non è uno obbligato a portare pesi e sottostare a un giogo opprimente. E’ uno che riceve l’invito a inserirsi in una comunione di vita, in una logica di amore.

Cristiano è, essenzialmente, uno che sa di essere amato. “... Sarà amato dal Padre mio”.

Mi pare sia opportuno soffermarci sull’aspetto tipicamente passivo della nostra esistenza cristiana. Voglio dire l’esperienza di sentirsi oggetto di amore.

Considerando lo stile dell’amore di Dio nei nostri confronti, le sue caratteristiche peculiari, troveremo le indicazioni più preziose per la nostra risposta. Quella risposta che si traduce nell’osservanza non dei comandamenti, ma dell’unico comandamento, quello che riassume tutto l’insegnamento di Cristo, che costituisce la sintesi del Vangelo.

Nel Nuovo Testamento, l’amore di Dio viene indicato col termine agàpe. Cristo ci informa che il comportamento di Dio nei confronti dell’uomo non è posto sotto il segno della giustizia distributiva, ma dell’agàpe. Ossia, non siamo nel campo della retribuzione, ma dell’amore che dona.

Ecco, quindi, le caratteristiche specifiche di questa agàpe divina:

L’agàpe è spontanea, gratuita, cioè senza merito. Inutile ricercare una causa dell’amore di Dio nelle qualità dell’uomo. Il motivo dell’amore di Dio risiede esclusivamente in Dio. Lui ama perché la sua natura è amore, e basta.

Un amore motivato è un amore umano, un amore senza motivo è divino. Dio ama il peccatore non a causa del peccato, ma nonostante il peccato. Dio ama i giusti non certo a motivo della loro buona condotta, se li amasse per questo il suo amore perderebbe di agàpe, ossia di spontaneità, di gratuità

L’agàpe è creativa. Dio non ama ciò che in sé, è degno di amore, ma amando conferisce valore all’oggetto del suo amore, ciò che in sé è privo di valore, acquista valore diventando oggetto dell’amore divino. Ma divento prezioso perché Lui mi ama. L’agàpe crea valori, non li verifica, non ne fa l’inventario, li produce, conferisce valore amando.

-  L’agàpe è sempre preferenziale. L’amore è una preferenza accordata ad una persona. E Dio preferisce ciascuno di noi. Dio dice a ognuno: “Sei tu che Io preferisco”.   

Per Lui, ciascuno di noi è un assoluto, non una minuscola parte di un tutto.

-  L’agàape crea comunione. L’amore non si rassegna alle rotture, alle divisioni, alla separazione. Chi ama compie sempre il primo passo per ristabilire i contatti, annullare le distanze. Non aspetta che si muova l’altro  che venga a chiedere.

E’ Dio stesso  che, dopo tutte le infedeltà del suo partner prende l’iniziativa, viene incontro all’uomo. 

   Ora questo amore aspetta una risposta da parte nostra. “Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1Gv 4,11).

Notiamo. San Giovanni non dice: se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amare Lui, ma. “dobbiamo amarci gli uni gli altri”. La risposta va riferita sul prossimo  Ci si può illudere di amare Dio. Si può rimanere nell’astratto, nella zona vaga del sentimento, oppure ci si può accontentare delle parole.

La verifica dell’amore per Dio è costituita dalla carità verso il prossimo. Qui non sussiste incertezza. Questo è il campo in cui, non soltanto noi, ma anche gli altri possono controllare se amiamo veramente Dio. Diversamente la nostra vita sarebbe all’insegna della menzogna. “Se uno dicesse: Io amo Dio, e odiasse il suo fratello, è un mentitore” (1Gv 4,19).E concludo con san Giovanni , che ci riporta nella sua seconda lettera, alla frase registrata dal Vangelo da cui ho preso le mosse: “E ora prego te, Signora, non per darti un comandamento nuovo, ma quello che abbiamo avuto fin da principio, che ci amiamo gli uni gli altri. E in questo sta l’amore: nel camminare secondo i suoi comandamenti. Questo è il comandamento che avete appreso fin da principio: camminate in esso” (2Gv 5-6)        

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