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Un modo delicato per amare: la correzione fraterna

Commento al vangelo

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XXIII domenica del tempo ordinario, 10 settembre 2017

Uno dei modi attraverso i quali si esprimono l'attenzione e l'affetto verso una persona è costituito sicuramente dalla capacità di donare, di dare qualcosa di nostro agli altri. Questi altri possono essere costituiti da tante persone: ad iniziare da quelle che hanno bisogno del cibo materiale fino ad arrivare a quelle che fanno parte quotidianamente della nostra vita.

Quando ci priviamo, con sacrificio, di qualcosa che ci è caro per donarlo al nostro prossimo, diventiamo caritatevoli e adempiamo il precetto del Signore di amare il nostro prossimo come noi stessi. Oggi però il Signore ci fa riflettere su un ulteriore modo di voler bene: la correzione fraterna. Potrebbe darsi che questa forma alta di carità sia anche piuttosto rara, data la particolare difficoltà nel praticarla.

Essa richiede innanzitutto vero amore, squisita sensibilità, tatto e delicatezza. La prudenza e la buona psicologia ci debbono essere di aiuto per non commettere errori e per sortire gli effetti sperati. La principale difficoltà del praticare la vera correzione fraterna potrebbe essere data infatti dalla facilità a scivolare in un mero gesto di autorità o, ancor peggio, di condanna; dimenticando che questa particolare forma di amore, di cui ci parla oggi il Signore, deve rispecchiare esattamente ciò che è: uno squisito e semplice atto di carità.

La condizione imprescindibile che ci permette di farla fruttificare è la preghiera intensa e reiterata, perché solo con la grazia divina che abita la vita, noi ci riconosciamo per primi bisognosi di continua ed umile correzione da parte di Dio. Con lo spirito di orazione, possiamo inoltre raggiungere il cuore del nostro prossimo e guadagnarlo al bene e al Signore. L'umile invocazione dello Spirito ci consente di attingere la luce necessaria per formulare la nostra ammonizione nel modo migliore senza offendere, ma solo per guarire il fratello dal suo male. Questo atto di carità, vissuto e ricevuto umilmente, animato dalla vita spirituale, costituirà la spinta per sciogliere quei pesi che legano la nostra anima nella superbia e non le permettono di gioire alla luce misericordiosa del Signore.

 

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