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Natale di Nostro Signore

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Il Nuovo Testamento coincide con la venuta di Gesù Cristo, è il tempo del Dio-con-noi; un tempo cominciato a Betlemme duemila anni fa e che non finirà mai, perché: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt. 28,20). L’“augurio” che risuona in tutto il mondo per mezzo di due semplici parole, è: “Buon Natale!”. Ma domandiamoci: augurando a noi e agli altri che il Natale sia “buono”, che cosa desideriamo in realtà? Natale significa nascita, e nascita significa vita, esistenza, storia. È vero, “Buon Natale” è anzitutto l’auspicio di pace rivolto il 25 dicembre a tutti gli uomini che Dio ama, ma tale speranza si estende idealmente all’intera vita futura di ognuno: che sia “buona” per sempre! Perciò dobbiamo chiederci: quando la vita è buona com’è buono un cibo squisito? Quando è felice, realizzata? Tutti riconosciamo e sperimentiamo che assai spesso essa riserva più amarezza che dolcezza, più sofferenza che benessere… Ciò nonostante la fede nell’Incarnazione del Verbo rivela che la vita è un bene inestimabile in se stessa, un dono divino il cui valore assoluto ed incorruttibile sta nel fatto che vivere vuol dire poter partecipare alla beatitudine eterna del Dio trinitario dell’amore e della gioia. Come possiamo, allora, gustare la bontà profonda della vita e la sua intrinseca promessa di felicità? Alla luce del Vangelo dell’Incarnazione, non può mancare la grazia, poiché gioia e grazia vanno insieme. La grazia è gioia perché è pura vitalità divina, vale a dire luce e amore di Dio. L’annuncio che risuona in tutto il mondo con la verità del Natale, è questo: “E’ apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini.” (Tt 2,11). Il Natale, pertanto, è un invito a saper vivere e gioire delle cose semplici, umili, povere. Non potrebbe arrivare, infatti, un messaggio diverso dall’umile e povera capanna di Betlemme. Da molti anni, purtroppo, il Natale è diventato la festa dell’abbondanza esagerata, del lusso sfacciato, addirittura dello spreco. Il Natale di Gesù Cristo per essere autentico deve essere gioia e la gioia non può nascere da rinunce forzate ma soltanto da scelte libere. Non è Natale per chi si lamenta di non poter fare bella figura con i regali costosi degli altri anni. Non è Natale per chi è scontento di una tavola meno affollata di prelibatezze. Non è Natale per chi piagnucola e fa capricci perché non potrà avere sotto l’albero i doni costosi degli anni precedenti. Non è Natale per chi si sente un poveraccio e un emarginato perché deve andare in giro con le scarpe o i jeans dell’anno scorso. Sarà un Natale autentico per chi sa scoprire che si può essere felici anche scambiandosi doni di pochi euro, anche senza una tavola lussuosa, con in tasca il vecchio modello di telefonino, con le solite scarpe ai piedi e i soliti jeans indossati con tranquillità. Anche se qualcuno ha deciso che non sono più di moda. Riscopriamo l’autenticità e sarà un felice Natale. Purtroppo a volte si cambiano e si regalano molte cose, ma è il cuore che non cambia. Accogliendo il Signore dobbiamo cambiare il cuore perché diventi più umano: pieno della misericordia di Dio. Che il Natale non passi tra una festa e un’altra lasciando fuori dalla porta di casa, come avvenne a Betlemme, l’unico ospite necessario che nasce povero tra i poveri, Gesù. Regaliamo amore agli altri, soprattutto ai poveri, senza sempre lamentarci o pretendere, e saremo felici con Gesù, come lo fù Maria accogliendo nella fede la Parola che le era stata annunciata.

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