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Schiavi: stele rotta

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SCAHIAVI DI ABRUZZO - Nel corso dei lavori di sistemazione del monumento ai caduti, nei mesi scorsi, è stata rinvenuta una lapide commemorativa recante un'iscrizione del 1935 che si riferisce alle sanzioni economiche comminate all'Italia dalla Società delle Nazioni. La stele non presenta simboli ''imbarazzanti'' o i tipici motti fascisti e proprio per queste considerazioni si era deciso di farla restaurare, dato che si presentava divisa in due pesanti blocchi, per una successiva collocazione in un luogo pubblico. A dire il vero l'amministrazione comunale si era disinteressata della questione, di cui invece si era fatto carico il consigliere comunale di minoranza Giorgio Pinnella. Lo storico esponente locale del MSI, traghettato ora verso altri lidi politici, aveva fatto restaurare e ripulire la stele a sue spese. Successivamente la pesante lapide era stata collocata nello stabile che ospita la sala Consiliare, in una stanza solitamente adibita a museo nel periodo estivo. Sembra che proprio per allestire questo museo, qualcuno, ma non si sa bene chi, abbia deciso di far spostare la lapide da quella sede. In fase di trasporto però qualcosa è andato storto, perché oggi la lapide si trova accantonata in una stanza della casa Municipale e soprattutto essa è nuovamente divisa in due blocchi. Evidentemente durante lo spostamento deve aver urtato e si è nuovamente spezzata lungo la frattura preesistente. Cade letteralmente dalle nuvole il consigliere Giorgio Pinnella. ''Non capisco cosa possa essere successo, - dichiara stupito - ho lasciato la stele, perfettamente ripulita e restaurata, nel vano sottostante la sala Consiliare. Ora apprendo che è di nuovo rotta e che è stata rimossa da quella sede. Non so cosa sia accaduto, aspetto che gli amministratori facciano sapere la loro versione''. Negli anni Trenta quella lapide era stata fatta collocare sulla facciata del Municipio proprio dal nonno dell'attuale sindaco che ricopriva all'epoca importanti incarichi di partito. Una questione destinata a far parlare ancora di sé. Francesco Bottone
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