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Sotto la bandiera del rischio geniale e di Papa Giovanni Paolo II

NS Bandiere sogna l’Expo 2015 di Milano

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Loreta Sozio, giovane imprenditrice Sansalvese ha ereditato dai suoi genitori un'attività impegnativa e originale, anzi, unica per il nostro territorio: un bandierificio.

Da sempre Loreta ha avuto e ancora ha il volto e i modi della ragazza della porta a fianco. Si può affermare con sincerità che oggi, a 45 anni, è rimasta la stessa, pur con la dura responsabilità di guida di un'azienda a carattere familiare. Caratterialmente Loreta è ancora quella ragazzina che s’incontrava sulla comune gradinata ogni giorno, che salutava e sorrideva sempre, con la sua umana disponibilità che sa porgere con occhi e cuore.
È cresciuta tra noi da piccolissima, anche se, è nata a Milano dove i genitori erano emigrati da Capracotta (Is). L’anno 1971 è quello che la vide arrivare insieme ai suoi nel Rione Marina all’età di soli due anni. La storia di Loreta è legata inscindibilmente - come quella dei suoi genitori Natalino e Enza - al Rione Marina. Una storia che si confonde, anzi si compenetra con questo angolo di mare e di mondo.

Non è difficile parlare della figlia, del padre e della famiglia intera per chi li conosce da sempre, ma neppure per chi li incontra solo per un attimo. È evidente che Natalino ha l’imprenditoria nel Dna e, non sapremo mai se, a figli e nipoti, l’ha trasmessa con l’esempio o biologicamente. Sicuro è che vederli lavorare tutti insieme nel laboratorio della NS Bandiere è uno splendido pachtwork umano, proprio come le tante bandiere, bandierine, gonfaloni dai colori puri e brillanti che fanno del loro laboratorio un luogo attraente, sia per chi entra che per coloro che vi lavorano.

Sembra quasi di leggere nei loro volti riuniti intorno alla mensa del 'sacro lavoro' il Salmo 127 (I tuoi figli come virgulti d’ulivo...). Loreta inizia ad aiutare i genitori da piccolissima, nello storico quanto celebre ristorante La Poppa. Li aiuta mamma Enza in cucina, serve i clienti, si mette alla cassa, rassetta... un po’ tutto. L’azienda a carattere familiare, in fondo, è l’immagine più aderente viva e realistica di quella meravigliosa di Nazareth.

Anche lì, un papà Piccolo imprenditore, una Mamma che, mentre sfaccendava, di certo spazzava i trucioli e, un Figlio, che aiutava la Micro azienda di Famiglia. Sicuramente c’era anche una piccola contabilità da tenere con: clienti che pagavano, altri che dilazionavano, altri ancora che si dileguavano. Le dinamiche di una piccola azienda a conduzione familiare non sono cambiate e non cambieranno mai. Eppure Gesù ha scelto di nascere, vivere e crescere in una di esse, con le stesse fatiche, incertezze economiche e momenti migliori.

A Loreta, facciamo dono di una sorpresa: il racconto breve del come - una giovane mamma che accompagnava la sua bimba al mare - senza aver nulla chiesto e, ignorando 'il tutto', divenne l’inconsapevole 'madrina' della sua attività. Fu suo padre Natalino che, nell’anno 1982 la interpellò en passant dicendole: «mi scriveresti una cosa a macchina?». «Si, certo» si rispose e, ridendo, si aggiunsero diversi interrogativi: «Con quale macchina? io non ne ho. Perché? A chi? Cosa? Come?».
In realtà si doveva solo dattiloscrivere un indirizzo perché, il testo, era già pronto. La celebre Olivetti lettera 32 era sulla scrivania del sig. Domenico Mirko commerciante di mattonelle in ceramica, giusto all’altro lato della strada. La volontaria si rese disponibile, la bimba si divertì un mondo al ticchettio dei tasti e volle provare anche lei.

Il particolare sfolgorante però, che sferzò gli occhi e la memoria di chi dattiloscrisse l’indirizzo fu la busta: tutta bianca e con su stampato una sorta di corona di bandierine multicolori che circondavano il globo terrestre. Al primo colpo d’occhio, sembrarono tanti coloratissimi francobolli.
Si fece tutto alla bell'e meglio, per consegnare alle Poste una neonata Casa della bandiera, ma il dubbio che Natalino fosse uscito di senno per lasciare l’avviatissimo ristorante La Poppa, che aveva persino dato il nome al quartiere e ad una mini squadra di calcio di ragazzi, per mettersi a fabbricare bandiere, perseguitò i vicini per diverso tempo. Il tempo però, che è galantuomo, lo premiò alla grande l’anno successivo. Il 19 marzo 1983 - vi fu l’Avvenimento più importante della storia civile e religiosa di San Salvo: la Visita del presto santo Giovanni Paolo II. Per la giovanissima fabbrica di bandiere, iniziò più sacro, benedicente e bello non poteva esserci!

Quel 19 marzo tutto soleggiato, nel piazzale dell’allora Magneti Marelli, all’arrivo del Santo Padre, sventolarono a migliaia le bandiere e bandierine gialle e bianche dello Stato pontificio e i tricolori italiani, tutte prodotte dalla Casa della bandiera. Ma, lo sconcerto, fra quanti conoscevano Natalino era ancora grande e durò parecchio. Se iniziare un'attività investendo tutti i risparmi è un rischio altissimo, cambiarne una avviatissima come un ristorante, per qualcosa di così singolare è quasi un gettarsi in alto mare, senza salvagente e senza saper nuotare.
Su La poppa della nave di Natalino come sulla prua, invece, sventola a tutt’oggi, il gran pavese della sua genialità imprenditoriale.

La famiglia Sozio, si è fatta amare da tutto il quartiere in maniera viscerale. Non c’è stata gara sportiva parrocchiale o di associazione che non abbia sponsorizzato con targhe e trofei e, ancora, tagli di stoffe per le recite dei bambini e tantissimo 'altro'. Non vi è stata iniziativa comunitaria che non abbia visto il loro generoso contributo.
Si ricorda – non senza commozione – quando, una 'questuante cronica' della Comunità parrocchiale, uno di quegli apostolati per cui bisognerebbe istituire un apposito Ministero ecclesiale, bussò alla sua tasca per un qualcosa di parrocchiale di cui non si ha memoria.
Si ricorda benissimo però che, se non si raggiungeva la somma necessaria, si sarebbero dovuti ridare indietro tante 500 e 1000 Lire: La regola scelta era questa. Vedendo la sua faccia, Natalino, le disse: «Di, la verità? Quanto ti manca?». La verità, era l’equivalente di 20.000 Lire. Lo si pronunciò senza emettere suono alcuno e, altrettanto silenziosamente, le due banconote, furono sfilate dal suo portafogli: con una generosità che rivestì di luce la sua mano.

Per Natalino prima e Loreta poi, fu l’inizio di una lunga marcia trionfale di successi commerciali che durano ormai da 30 anni. Mai si sarebbe immaginato una tale quantità e varietà di richieste di bandiere e bandierine, gagliardetti, gonfaloni, foulard da tante associazioni, Stati, Comuni, enti e società.
Dalla Città del Vaticano, all'Unione Europea, dal Coni alla Bosch, dai grandi Comuni come Roma e Milano, a quelli più piccoli di tutta Italia e del mondo intero, passando per i vari Partiti nazionali, l’Eni, i Lions e Rotary club e le fasce tricolori dei Sindaci, la varietà della clientela si è allargata a dismisura. Loreta e suo marito Domenico Marchetta insieme a due dei loro tre figli: Marina e Rinaldo (Alessandra studia ancora), sono tutti impegnati con mansioni proprie, ma interscambiabili nel laboratorio.

Loreta, sotto lo sguardo vigile e affettuoso del papà, coordina e segue le fasi di lavoro e si occupa della parte commerciale amministrativa, ma anche di tutto il resto con una costanza e precisione invidiabile. La figlia Marina, apprende dalla mamma, nel mentre, insieme ad altre collaboratrici, si occupa della stiratura e dell’imbustamento dei manufatti. Rinaldo, invece, il secondogenito di Loreta fa il jolly.

Le fasi di lavorazione hanno inizio da un progetto grafico ricavato dai desideri del committente, per poi passare ad una fase serigrafica e digitale: in questo si distingue per precisione e duttilità Domenico, il marito di Loreta. In seguito si procede con il taglio del tessuto: seta, raso, taffetà, velluto, per i pezzi più pregiati e una stoffa speciale resistente agli agenti atmosferici per tutto ciò che deve sventolare di più.
Una nota a parte merita la signora Enza, donna silenziosa e instancabile che – da sempre – offre il suo indispensabile apporto all’azienda di famiglia, prima come cuoca del ristorante La Poppa, poi come ricamatrice – a mano e a macchina – dei gonfaloni più elaborati. I dettagli più preziosi escono sempre dalle sue mani.

La crisi, naturalmente, li ha toccati come tutti e forse un po’ di più, perché, lavorando per gli Enti pubblici che pagano talvolta con tempi biblici debiti che raggiungono anche i 23mila euro, mettono in crisi chi ha lavorato e anticipato spese che, non si sa quando verranno rimborsate. Questa però, è un amarezza molto diffusa nelle aziende a conduzione familiare, ma in questi casi mal comune non fa mezzo gaudio.

Loreta ha un sogno l’EXPO 2015 di Milano, la città in cui ha visto la luce e, a tal fine, sta già studiando una strategia di marketing. Guardando lo show room di Loreta, il cuore si apre alla speranza, quella speranza - come dice Papa Francesco - che non è lecito venga rubata a nessuno, soprattutto a chi produce lavoro e fatturato. Dalle bandiere grandi a quelle più piccole con Papa Francesco ai gonfaloni comunali, dalle bandiere della UE a quelle di tutto il mondo, la NS Bandiere - pur nei momenti di umana sofferenza - va avanti con coraggio. Bisogna inchinarsi a questi lavoratori che hanno continuato a issare sul pennone del lavoro, bandiere di tutti gli Stati del mondo, tranne quella bianca della resa.

Certo, il cuore antico e pulsante è sempre quello di Natalino ma, Loreta, è divenuta - a tutti gli effetti - l’alter ego di suo padre e, figli e figlie, collaborando imparano il mestiere.
Il proverbio non mente quando dice: «dietro un grande uomo c’è sempre una grande Donna» e, tra bandiere multicolori, Natalino ne può sfoggiare ben tre.

Nota Bene - il tempo non estingue la gratitudine per quanto - la famiglia Sozio tutta - ha fatto e donato alla Comunità parrocchiale di San Salvo Marina, ma, neppure, dei Tantissimi di cui neppure  uno è stato dimenticato, soprattutto da Dio.
Riguardando le foto storiche di oggi, tornano nella mente e nel cuore, il contributo di operosa tenerezza dei genitori dei bambini della Scuola di catechismo, che si adoperarono con ogni mezzo per la buona riuscita del progetto della “Tenda mariana”.  Nello specifico, si ringrazia ancora l’architetto Gabriele Bonifacio - zio di un alunno -  che progettò su carta la struttura e  fece i calcoli con lo stesso zelo professionale della costruzione di un grattacielo, per la lunghezza dei paletti di sostegno in rapporto all’area da occupare e il peso che avrebbero dovuto sostenere. I  papà, s’impegnarono a cercare, pulire e tagliare i rami di pino caduti a terra, le mamme aiutarono nel cucito e altro. Le lenzuola bianche del 'tetto' erano alcune del mio corredo ormai sdrucite, tessute a mano dalla mia mamma.

FOTO DI INES MONTANARO

 

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