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È Pasqua! La festa della vittoria della vita

Penombre e luccichii, riflessioni, aneliti, emozioni, fremiti, preghiere, interrogativi e interrogazioni, nel luogo più santo della terra: la tomba della Risurrezione di Cristo

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Io sono venuto affinché abbiate vita e l’abbiate in abbondanza (Gv 10,10)

Il sepolcro di Cristo: un luogo grande quanto lo può essere una tomba secondo l’architettura ebraica del I° secolo.
Arcosolio o Kokhim? Non lo sappiamo con certezza. Il primo è un tipo di sepoltura più ricercata e costosa - un banco di pietra sormontato da un arco a tutto sesto - l’altro 'a forno', più semplice, somiglia agli attuali loculi scelto dai ceti meno abbienti, entrambi però, sono scavati nella roccia.
Mi piace pensare che sia la prima ipotesi, non fosse altro per quei due angeli che, secondo il racconto evangelico, sorvegliavano la pietra alle due estremità, cosa impossibile in una tomba a Kokhim. Giuseppe d’Arimatea poi, membro del Sinedrio che lo aveva donato per la sepoltura del Suo amico Gesù di Nazareth, era senza dubbio un benestante dunque, la prima ipotesi è la più verosimile, ma sono dettagli, il Messaggio è ben Altro. Un luogo che ha custodito il corpo di Cristo vigilato da due messaggeri divini (cfr Gv 20, 11.12) «non può che essere santo... “il più santo”», perché lì è stato sconfitto il nemico più grande: la morte e, con essa, ogni male. Qui, il 'finito', ha spalancato i confini... dell’Infinito.

In nome di questo sepolcro e per il suo possesso, sono state scatenate decine di crociate, guerre secolari, distruzioni e ricostruzioni. Non vi è stato al mondo luogo più ambito, desiderato, odiato e amato. Ancor oggi, le leggi ferree dello Statu quo tra le varie Comunità religiose che gestiscono la basilica della Risurrezione regolano: culti, visite, orari, arredi liturgici, struttura... una convivenza difficile in cui si cerca di evitare contenziosi che nascono in continuazione. Ma, per un attimo, arrestiamo il fiume della storia e lasciamo che gli occhi del cuore 'indaghino' semplicemente quello che per essi è visibile, in primis quei luccichii alla Rembrandt che tanto impressionarono lo scomparso giornalista e scrittore Italo Alighiero Chiusano.

Sia all’interno della chiesa che nella tomba vera e propria, le fiammelle delle innumerevoli candeline accese dai fedeli, creano nella viva penombra rifrazioni di luce incantate.
Una pennello immateriale, sembra intingersi all’infinito nel loro 'inchiostro scintillante' per dipingere su tutte le superfici - visibili e invisibili - meravigliose storie di fede, sofferenza, speranze, amore e vita: le sue setole, si muovono con sicurezza e incisività, lasciando nell’anima segni d’incanto e stupore.

All’interno della tomba, un drappo di seta - che viene spesso cambiato - è poggiato sulla parete che delimita la lastra in marmo che copre il punto esatto dove fu deposto il corpo di Gesù. Il suo colore, alla luce delle candele, diventa cangiante... all’infinito, su di esso si evidenziano tratteggi di luce che guizzano in modo quasi frenetico: sembra quasi che vogliano dare visibilità a tutte le speranze di vita che ognuno di noi porta nelle fibre più intime, quelle del corpo e quelle dello spirito. Un prodigio incorporeo che rapisce lo sguardo: saranno le preghiere e i tanti lumi che, nei secoli - per fede - qui sono state accese? Si! Non può che essere così... luci... da Luce.

Da un vaso, dove le candeline sono solidamente introdotte, si proiettano forme di ombre indefinite che sembrano protendersi con slanciate acrobazie verso i leggiadri arabeschi del ricamo del drappo: dei bellissimi grappoli d’uva, un simbolo eucaristico che alimenta sogni di fraternità e condivisione.
Persino le sue frange dorate sembrano essere rivitalizzate da questo circuito dinamico, la cui fonte generante non può essere che quel ΧΡΙΣΤΟΣ ΑΝΕΣΤΗ, (Cristo è risorto in greco) ricamato da mano di donna: il kerigma che ha frantumato le barriere del cosmo.

«Io sono venuto affinché abbiate vita e l’ abbiate in abbondanza». È il messaggio che questa tomba continua da millenni a urlare in silenzio alla nostra fede.
La Risurrezione di Cristo, infatti, non può non aver attratto a sé ognuno di noi ed ogni elemento creato, dalla più piccola delle coccinelle alle infinite galassie, affinchè tutto torni allo splendore delle origini nei «cieli nuovi e terre nuove» (cfr Is 65,17 - 2Pietro 3,13) delle realtà ultime. Sarà l’inizio di una nuova storia, del creato e delle creature.

Ci si chiede - quale dimensione e connotazione hanno trovato agli occhi del mondo - in questa forza infinitamente più grande dello scientifico Big bang, l’uomo e la donna, le creature più amate da Dio. Essi sono considerati ancora quei capolavori di Bellezza di cui lo stesso Creatore si compiacque? (Gen 1,31). Il progetto divino su di loro è stato sempre rispettato alla luce della Risurrezione?

Queste e altre considerazioni si affacciano alla soglia della nostra percettibilità, di cui, uno sembra un paradosso ma... non lo è: il Luogo dove Cristo ha conosciuto il supplizio e la morte sembra percorso da infiniti brividi di vita, e allora sorge la domanda: quale vita, quale speranza di vita, quale Senso dare alla nostra vita e alla nostra morte? Più che interrogativi si pongono... Interrogazioni a cui il Vangelo risponde: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me anche se è morto vivrà» (cfr Gv 1,25). Per chi ha fede, in questo luogo, la storia della nostra salvezza ha trovato pieno compimento. Gesù ce lo assicura!”
Se anche da 'morti' saremo Vivi, è dunque impegno indifferibile di tutti noi: accogliere, amare, custodire e promuovere la vita, ogni vita, a iniziare.. dai sogni di vita Vera, Buona e Bella che furono gli stessi di Gesù, per approdare alla Vita..oltre la vita.

Ogni offesa alla dignità della vita, ai tentativi di commercializzarla in ogni suo aspetto, al massacro dei suoi diritti sacri e inalienabili, alle sue speranze tradite, ai suoi aneliti soffocati, alla tentazione di giudicarla senza averne facoltà, all’esercizio dell’arroganza del più potente, che mette in atto contro di essa persecuzioni antiche e nuove e... in versioni sempre più aggiornate, non è solo malvagia violenza, ma soprattutto assoluta mancanza di fede nella Risurrezione: una cecità che - prima o poi - porterà chi la pratica alle tenebre della disperanza.

La tomba di Gesù, è il luogo dove, la presa di coscienza della bellezza e sacralità della vita ha la sua... 'casa madre'.
In questo spazio però, l’occhio del cuore, di segni di speranza ne coglie e 'indaga' tanti, da quelli più appariscenti a quelli più silenziosi: uomini e donne in ginocchio, in lacrime, sorridenti, ammutoliti, esterrefatti, incantati, commossi... Dio solo sa quante cose hanno nel cuore ma, negli occhi di tutti, si può cogliere lo stupore del primo mattino del mondo, veicolato dal riflesso delle tante 'fiammelle oranti': segni impercettibili della Luce infinita di cui, i grandi maestri dell’arte hanno saputo portare qualche frammento infinitesimale nelle loro opere.

Si avvertono anche - vive quanto misteriose vibrazioni interiori - una sorta di 'danza della luce' nella quale ci si sente invitati e partecipi e, ognuno di noi, ne può percepire la melodia, le cadenze e i reverberi.
Prima di uscire - camminando all’indietro - si osserva ancora una volta la pesante pietra di marmo segnata dalla fede e dal tempo, le candeline accese, e quelle pronte ad esserle poggiate sul suo bordo, i preziosi candelabri, incastonati di pietre preziose, gli scintillanti vasi d’argento cesellati e il drappo ricamato sempre denso di misteriosi e 'ineffabili fremiti'.

Nel Luogo più sacro della terra, non poteva mancare - 'la figura della più bella e fonte generatrice di vita': l’icona di Maria, l’immagine più autentica di ogni pudica, sofferente e silenziosa attesa di Risurrezione. In quella pisside che stringe al cuore non c’è solo la carne e il sangue di Suo Figlio, ma tutte le vite di ogni tempo passato e a venire, tutti i dolori, tutte le gioie, tutti i desideri, tutte le fatiche, tutte le speranze... anche le nostre: è... l’Eucaristia; e Lei, la Mamma, ne è l’eterna Custode, ma anche la Dispensatrice.

Da quella Tomba si esce rapiti, vivificati e... con un canto antico e nuovo nel cuore e sulle labbra: il saluto dei cristiani nel tempo pasquale delle Chiese orientali. Quando essi s’incontrano, il primo che fa cenno non dice: "buongiorno, buonasera, come stai?" o, al telefono, “pronto”, ma: “Cristo è risorto!” e l’altro risponde “Si è veramente risorto!!!”. Proviamo anche noi?.

Nota Bene
Buona Pasqua agli amici, ai conoscenti, ai tanti che su queste pagine ho 'conosciuto solo con il cuore', a quanti ho incontrato e/o ri-trovato 'per' e 'su' di esse.
Per tutti provo identica riconoscenza e affetto. Grazie agli stranieri che, leggendo in italiano e, intervenendo, mostrano piena integrazione con la nostra cultura e la nostra città, grazie ai giovani per i loro luminosi incisi. Ancora Buona Pasqua a quanti mi hanno aiutata concretamente con la ricerca di documenti e testimonianze per dare spessore storico e culturale a questi miei 'Percorsi' alla ricerca delle oggettive e bellissime realtà passate e presenti di questo Territorio. Buona Pasqua anche a coloro che seguono questi.. miei 'sconfinamenti' nell’Invisibile e nel Mistero della fede. Grazie per la vostra pazienza e sensibilità, per il vostro affetto che ricambio senza limiti. Auguri a tutta la giovane e compente Redazione, all’infaticabile Antonino Dolce che... mi sopporta e all’editore avv. Antonio Cilli che continua a ospitarmi...

FOTO DI INES MONTANARO

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