Il percorso quaresimale della liturgia prevede due ampie porte d’ingresso obbligatorie: la prima, la pagina delle tentazioni, attraversata domenica scorsa, e la seconda, che attraverseremo questa domenica, quella del racconto della trasfigurazione. Quest’anno il racconto che ascolteremo sarà tratto dal vangelo di Luca, che aggiunge un particolare interessante alle altre due versioni; ma andiamo per ordine. La prima lettura di questa domenica, tratta dal capitolo 15 della Genesi, ci narra della stipula di un’alleanza, secondo le regole dell’antichità.
Quando due persone dovevano allearsi, si squartavano degli animali e si passava tra di essi, come a dire: se violo l’alleanza, mi succeda come a questi animali. Il racconto però evidenzia da subito che questa alleanza è “strana”; solo Dio (la piccola fiaccola ardente) passa in mezzo agli animali, lui che è il fedele per definizione. Dio contrae quindi un’alleanza con l’uomo di cui egli stesso si fa garante, ben conoscendo la debolezza dell’uomo. Lasciamo illuminare allora la pagina del vangelo odierno da questo brano. Gesù si trova sul monte a pregare come era solito fare; porta con se tre apostoli, i “più in vista”: Pietro, Giacomo e Giovanni. Ma avviene l’inaspettato: il suo volto cambia, le sue vesti diventano sfolgoranti, appaiono Mosè ed Elia (simboli della legge e dei profeti) e conversano con lui.
Di cosa parlano? Del suo esodo! Anche Gesù come il popolo di Israele deve compiere un esodo, un’uscita da un luogo verso un altro, fidandosi del Dio fedele che con i suoi tempi e con i suoi modi assiste i suoi figli. Troviamo un collegamento con Abramo: egli stesso è in cammino, sta vivendo il suo esodo, e il Signore lo consola. Gesù sta vivendo il suo personale esodo da questo mondo all’altro, dalla morte alla vita, e i suoi discepoli….
Cosa stanno facendo? Dormono! Il torpore, la stanchezza, il terrore è una trama continua in queste letture. Abramo, Pietro e i suoi compagni sono terrorizzati dalla presenza di Dio, dalla sua manifestazione. L’ironia del vangelo qui è sferzante: Pietro prova a prendere qualche iniziativa, vuole fare delle capanne, vuole restare lì, ma l’evangelista appunta laconico: “Egli non sapeva quello che diceva”. Ritorniamo allora al principio da cui siamo partiti: perché leggere nel nostro cammino quaresimale il racconto della trasfigurazione?
Luca situa questo racconto appena dopo l’annuncio della passione, vuole dunque rincuorare i suoi, dare loro speranza che dietro alla carne, anzi, nella sua carne, si cela la divinità, la presenza del Figlio che la voce della nube ha raccomandato di ascoltare. Gesù deve compiere il suo esodo, particolare che solo Luca menziona, e anche noi siamo chiamati a compiere questo esodo, anzi, questi esodi: dal peccato alla grazia, dalla morte alla vita, dalla disperazione alla speranza, dalle nostre vite cupe ad una vita piena vissuta in Cristo.
L’ultimo esodo è quello che ci conduce nella nube, che ci terrorizza e ci spaventa, ci fa perdere il controllo della situazione, ma nella nube e nel torpore iniziamo a non voler imporre i nostri progetti e i nostri dubbi a Dio, ma a fidarci di Lui, il Dio fedele, anche nell’ora della prova, anche nel Getsemani della nostra vita.