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Dio ci ritrova e fa festa

Commento al vangelo

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Vangelo: Lc 15,1-32

23“Ma il padre disse ai servi: "prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".

Il Vangelo di oggi esprime la gioia di Dio quando ritrova i suoi figli che si erano smarriti. Vorrei immaginarla la gioia di Dio che esplode in ogni santa liturgia della domenica. Si! Ogni domenica Dio ci ritrova e fa festa. E possiamo paragonare il Signore come quel padre della parabola che dall'alto della casa (chissà, dal campanile!) guarda verso le nostre strade e appena ci vede arrivare, come fece quel figlio che tornava, scende di corsa verso la porta per venirci incontro e abbracciarci. Ed in effetti la santa liturgia si apre con l'abbraccio di Dio: è il momento del perdono. Subito siamo rivestiti della misericordia: "Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi". E possiamo intonare l'inno di lode, il "gloria". E poi si apre il lungo colloquio con la Parola di Dio, interrotto dalla nostra lontananza. Viene quindi il banchetto eucaristico che nutrendoci con il pane santo e il calice della salvezza ci trasforma sino a renderci simili al Figlio prediletto.

Si potrebbe dire che la domenica è tutta qui: la festa dell'abbraccio di Dio, la festa della grande misericordia. Una misericordia che è raro trovare nel mondo, ove invece tanto spesso si incontra l'assenza del perdono e, ancor più, dell'amore. È normale tra di noi l'affermazione di se stessi, la rivendicazione dei propri diritti e l'insensibilità al perdono.

I due figli della parabola, il minore e il maggiore, sono ambedue egoisti. Verrebbe da dire: "povero padre con quei due figli!". Avevano tutto: il padre ricco ed una casa grande; servi che li accudivano e possedimenti di cui godere. Avevano tutto, ma in comune. Preferirono la loro grettezza. "Padre, disse il figlio più giovane, dammi la parte che mi spetta". Davvero sciocco! Preferisce una parte al tutto. In quel giovane, come spesso in ognuno di noi, c'era il fastidio per ciò che è comune; il fastidio di non essere padroni assoluti di se stessi e delle proprie cose. "Dammi quel che mi spetta!". Ugualmente egoista fu il fratello maggiore. Non appena i servi gli riferirono il motivo della festa, si adirò contro il padre e non volle entrare. Rifiuta la festa e la misericordia; preferisce un capretto per lui e qualche amico, al vitello grasso e alla tavola imbandita con il fratello e tutti gli altri.

Questi due figli non sono lontani da noi; convivono nel cuore di ciascuno di noi, accomunati dalla stessa voglia di avere tutto per sé. Esattamente il contrario di quello che desidera il Padre. Ma la voglia di possedere, di avere solo per sé, come il Vangelo ci mostra, conduce alla tristezza, e spesso anche alla rovina. Quel che però alla fine conta è la capacità di rientrare in se stessi, di accorgersi della tristezza della propria condizione, di rialzarsi e ritornare alla casa del padre.

È sufficiente solo ricordare queste parole evangeliche sulla misericordia di Dio che ci appare infinitamente più grande del nostro peccato. E' proprio questo ricordo che ci dà la forza di rialzarci e riprendere il cammino verso il Signore. Troveremo non un giudice, ma un padre che viene incontro per abbracciarci. Amen!

 

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