Don Cirillo Piovesan, parroco della chiesa di San Giuseppe per oltre 40 anni, è stato un personaggio di elevato spessore culturale a cui i Sansalvesi sono rimasti affezionati. Nel 1978 è stato pubblicato il suo primo libro “ La città di San Salvo”. Poco tempo fa è stato rinvenuto un breve scritto di don Cirillo con il quale rievoca la storia del fratello Angelo. Ecco i passaggi più significativi. “A Casoni, in una casetta presa in affitto, tanto malandata sotto il peso degli anni da sembrare una catapecchia, quella mattina del 10 febbraio 1910 era nato Angelo Carlo Piovesan, ma che sarà chiamato Angelo, e Angelo non solo di nome. In una casa tanto povera non poteva esservi una famiglia tanto povera da mancare spesso anche del necessario. Nel 1914 nacque Giuseppe, poi nel 1916 Cirillo ed infine nel 1920, Quinto.
Al fanciullo Angelo volevano bene tutti. La mamma gli aveva insegnato a conoscere la presenza di Dio nel canto degli uccelli, nel profumo e nella bellezza dei fiori, nelle foglie degli alberi. Gli diceva: “ Vedi quelle foglie che si agitano al soffiar del vento? Sappi che non si muove foglia che Dio non voglia. Il grande ideale di Angelo fu quello di essere sacerdote, prendere nelle sue mani Gesù Eucaristico che tanto amava. Perchè povero, fu scoraggiato e dissuaso da sacerdoti con il solito ritornello: “Per studiare bisogna aver soldi. In seminario diocesano non si accettano gratuitamente. E tu sei troppo povero!”
Ma egli non riusciva a mettere il cuore in pace. Soffriva, piangeva e pregava molto. Una voce interna gli sussurrava; “ Coraggio non disperarti. Dio può tutto”.
Quando Angelo manifestò al padre la sua aspirazione al sacerdozio , ne ebbe un ceffone. Nel frattempo governava la vacca, falciava l’erba, raccoglieva legna secca, spigolava il grano abbandonato, raccoglieva la cicoria. Ogni mattinaRitrovato , dopo aver partecipato alla Messa e fatta la Comunione, percorreva a piedi, d’estate e d’inverno, sotto la pioggia, la neve o il sole i sette chilometri da Casoni a Bassano. Per la colazione la mamma gli accartocciava del pane, due uova sode e del formaggio. Ma non gli mancarono neppure gli scherni di altri compagni per i suoi vestiti avuti in elemosina, sdruciti e fuori misura. Superò le elementari. Alla prima ginnasiale fu bocciato. La prospettiva del sacerdozio gli pareva sfumata. Una mattina dell’agosto 1924, Angelo, accompagnato dal parroco don Stanislao Pellizzer lasciò per sempre la sua famiglia e partì per la Casa Buoni Fanciulli a Verona. Passò nello studentato di San Benedetto in Verona. Alla fine di settembre sostenne gli esami presso il seminario vescovile di Verona e fu promosso.
Iniziò l’anno scolastico 1925-1926 nel seminario diocesano di Verona, ma non potè terminarlo. Ai primi di marzo del 1926 avvertì i primi sintomi del male che lo avrebbe stroncato. Rese la sua bella anima a Dio il 18 giugno 1926. Aveva 16 anni. Quando Don Giovanni Calabria gli disse che Dio lo voleva in Paradiso e che la Madonna lo aspettava, guardò in alto e sorrise. Voleva essere sacerdote, ma sacerdote Santo. Alcuni compagni raccontarono che in una delle visite fatte alla sua tomba notarono con meraviglia che un giglio era sbocciato sul tumulo e dissero: “Era veramente un giglio!”