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La suora di clausura Beata Maria Gabriella Sagheddu

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È opinione comune che la clausura sia una cosa assurda e inconcepibile. Maria Gabriella Sagheddu è una dimostrazione che questo luogo comune non corrisponde al vero.
Maria nasce a Dorgali, in Sardegna, il 17 marzo 1914, da Marcantonio Sagheddu, pastore, e Caterina Cucca. Era la quinta di otto figli di una famiglia modesta. A cinque anni perse il padre.

Di carattere generoso, volitivo, talvolta ribelle, irascibile e prepotente, nell'adolescenza si mostrò piuttosto indifferente alle pratiche religiose. A quindici anni divenne più seria e riflessiva a seguito della morte di una sorella più giovane di lei.

La fede per lei divenne la vita. Si iscrisse, in parrocchia, all'associazione della Gioventù Femminile di Azione Cattolica. A ventun'anni maturò il desiderio di consacrarsi definitivamente a Dio al monastero delle Trappiste di Grottaferrata. Maria, che aveva detto al suo confessore: «Mi mandi dove vuole!», accettò l'indicazione con riconoscenza.

Maria si lasciò plasmare con docilità assoluta, abbracciando la regola delle Trappiste che comportava una clausura strettissima, un silenzio rigoroso, un lavoro duro e un'austerità di vita orientata all'ideale monastico.

Il 13 aprile 1936 vestì l'abito religioso col nome di suor Maria Gabriella. Al termine del noviziato, il 31 ottobre 1937, festa di Cristo Re, fu ammessa a consacrarsi al Signore con la professione dei consigli evangelici. Lo stesso giorno della professione scrisse una preghiera riassumendola in questa invocazione: «O Gesù, consumami come una piccola ostia di amore per la tua gloria e per la salvezza delle anime».

Con la professione crebbe in lei l'esperienza della piccolezza: «La mia vita non vale niente... posso offrirla tranquillamente».
Quando la badessa presentò alle sorelle la richiesta di preghiere e di offerte per la grande causa dell'unità dei cristiani, suor Maria Gabriella si sentì subito coinvolta e spinta a offrire la sua giovane vita. «Sento che il Signore me lo chiede - confida alla badessa - mi sento spinta anche quando non voglio pensarci».

Il giorno stesso della sua offerta la tubercolosi polmonarla aggredì il suo corpo, sino ad allora sanissimo. La sera del 23 aprile 1939 suor Maria Gabriella concluse la sua lunga agonia, totalmente abbandonata alla volontà di Dio, mentre le campane suonavano a distesa, alla fine dei vespri della domenica del Buon Pastore, in cui il Vangelo proclamava, ci sarà: «Un solo gregge e un solo pastore». (Gv 10,16)

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