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Il Fu Mattia Pascal

Morto? Peggio che morto; me l'ha ricordato il signor Anselmo: i morti non debbono, più morire, e io sì: io sono ancora vivo per la morte e morto per la vita.

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Questo romanzo di Pirandello si mostra in tutta la sua complessità e si rende emblema della letteratura novecentesca.
In questo secolo il personaggio è, quasi sempre, complesso, frammentato, diviso e molteplice. Mattia è un uomo insoddisfatto della vita, insoddisfatto cronico di tutto ciò che ha e che gli accade. La sua incapacità di godere delle cose, seppur piccole, lo rende vuoto. È un uomo che si “lascia vivere”, la sua inerzia appare come impossibile da scardinare. Quando, del tutto fortuitamente, viene creduto morto egli coglie al volo la preziosa occasione di cambiare identità. Questo è il punto. Lui non cerca il cambiamento, non lavora per ottenerlo, molto più semplicemente lo subisce. L’unico momento della sua vita in cui si muove per ottenere ciò che desidera è quando decide di operare il suo strabismo, aspirando quindi alla normalità. Questo personaggio non riesce a trovare il suo giusto spazio nel mondo, nemmeno quando cambia totalmente vita. Anche Adriano Meis è insoddisfatto, sempre e di tutto. Venendo meno il desiderio di ricerca, proprio dell’uomo, il personaggio si trova a dover subire in tutte le sue vite. Una condizione che diventa insopportabile, tanto da voler ritornare all’identità originaria quasi tentando di ritrovare ordine e pace. Ma a Mattia non rimane nulla. L’unica cosa che sosteneva di avere era il nome, perso dopo il cambio d’identità. Nome che, per lui, alla perdita perde totalmente di significato.
“Il fu” dell’intitolazione non rimanda a niente di più risolutivo e definitivo della morte. Condizione immutabile. Così come esprime l’immagine finale del romanzo: Mattia che porta fiori sulla sua stessa tomba.
Gli elementi caratteristici del romanzo sono facilmente riscontrabili nell’intero genere umano. L’uomo del nostro secolo tende all’insoddisfazione e all’inerzia.  Una condizione interiore di stallo. Se non c’è ricerca non può esserci evoluzione. Secondo quest’opera è questo l’uomo del Novecento: piccolo, fermo, diviso, insoddisfatto, vuoto e perduto.
 

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