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Sconforto e tenacia: reportage dal post-alluvione

I cittadini alle prese con il fango per tornare alla normalità

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«Che ci resta da fare? Alzarci presto e lavorare dal mattino fino alla sera», «Quest'anno abbiamo aperto prima...». Voci dai complessi residenziali allagati dove brulica il lavoro per cercare di tornare alla normalità il prima possibile. «Normalità» significa liberarsi del fango, perché andata via l'acqua - non ancora del tutto - resta una melma che si insinua ovunque amplificando i danni dei giorni scorsi.

Da ieri - qualcuno già da domenica scorsa - i proprietari di appartamenti ed esercizi commerciali sono tornati sui luoghi del disastro. La prima cosa che salta all'occhio è il via vai di carri attrezzi che caricano le decine di auto rimaste impantanate il 5 marzo. A quelle visibili si aggiungono le altre rimaste chiuse nei garage; con l'allagamento hanno avuto tutte la stessa sorte.

Nei piazzali tra la Statale 16 e i condomini ne sono parcheggiate momentaneamente alcune. Ai danneggiamenti provocati dallo straripamento del Buonanotte si aggiunge lo sciacallaggio. In pieno giorno, nonostante il traffico di persone, alcuni soggetti noti hanno più volte cercato di forzare le auto per cercare qualcosa da rubare; viene chiamata una pattuglia dei carabinieri.
«Agiscono alla luce del sole - raccontano alcuni presenti - senza nessun timore, anche perché se vedi un ragazzo armeggiare in pieno giorno con la porta di un'auto, pensi sia la sua. Non hanno timore, sono dei disperati».

Il proprietario di un appartamento nel complesso Aretusa mi accompagna. «Ho perso due macchine, una Fiat Punto e una Mercedes. Ho cercato di salvarne una poco prima che arrivasse l'ondata principale, ma il mio vialetto era ostruito da due alberi caduti; ho cercato di metterla in una posizione più rialzata, ma è stato vano. Perché nessuno ci ha avvisato di quello che stava accadendo?».
In un garage poco distante una signora cerca di spazzare via il fango: nei giorni scorsi, il frigorifero galleggiava a pelo d'acqua.

Gli oggetti e i mobili ormai inservibili vengono accatastati lungo le scale dei piani rialzati. Tre cuscini sono stesi ad asciugare. Tavolini e panche dei parchi comunali sono stati ammucchiati dalla piena in più punti. L'acqua ha divelto i cordoli delle aree verdi. Dove non ci sono ancora attività umane lo scenario è spettrale con l'acqua immobile che riflette le sagome dei palazzi ora disabitati.

In un altro condominio un signore pulisce l'androne, «L'acqua è arrivata fino al quinto gradino». Bici e suppellettili sono in attesa di essere caricati un po' ovunque.
Un venditore ambulante ha perso tutto il carico di scarpe. «Sei un perito? - chiede speranzoso - Vuoi venire a fotografare il mio furgone? Meglio di no... L'acqua mi ha rovinato centinaia di paia di scarpe, chi me le ridà?». Gli auguro buon lavoro, «Ma che lavoro - risponde sconsolato - è tutto perso».

Alle Nereidi il rumore di un generatore elettrico fa da sfondo alle opere di pulizia del supermercato Crai. «Siamo aperti da giugno a settembre - dice Antonella - quest'anno... abbiamo aperto prima». A lavoro ci sono anche il marito e il proprietario della struttura. Ci sono da svuotare i locali per pulire e poi rientrare tutto. Anche qui frigoriferi e congelatori nei giorni scorsi galleggiavano, «Speriamo siano ancora funzionanti».

Nel locale commerciale a fianco, l'Emporium, si lavora con i fari di un'auto puntati dentro. «È stato terribile - racconta la titolare - ma abbiamo deciso di non lasciare il nostro appartamento perché se fuggono tutti le cose non cambiano mai. Mio fratello durante i giorni passati qui ha fatto la spola con il gommone per portare viveri a chi è rimasto o per accompagnare i nostri vicini nella parte asciutta. Ci siamo dati man forte insieme».
Si fa sera e le stradine dei complessi residenziali si vuotano in pochi minuti, tutto ripiomba nel silenzio e nel buio dei giorni scorsi.

Cronache dal post alluvione. Parole e pensieri di chi sta cercando di ricominciare che trasudano un'unica speranza: che i risparmi e i sacrifici di una vita sommersi dal fango siano un esempio affinché il tutto non si ripeta nuovamente. Lo scetticismo su quest'ultimo punto è tanto.

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