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Lo sai perché... le 'sagne' al mulino ?

Le ricostruzioni di don Cirillo e di Sparvieri sono davvero confliggenti?

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Sulla scorta di quanto sostenuto da Don Cirillo Piovesan nel libro ''La città di San Salvo'', tuttora sono in molti a far risalire la tradizione delle Sagnitelle (oltrechè Il Fuoco di San Tommaso) ad un originario pranzo per i poveri voluto dal Cardinale Carafa per l'arrivo in città delle reliquie di San Vitale Martire (20/21 Dicembre 1745). Il Piovesan precisa, sul giornale ''Il Punto'' del 1987, che venuto meno nel tempo il pranzo per i poveri ''offerto dagli Abati o dalla Amministrazione alla popolazione e ai pellegrini'', questo fu ridotto alle cosidette ''sagnitelle'' offerte dai comitati in occasione della macinatura del grano.

Come già evidenziato da Giovanni Artese (''Storia di San Salvo'' pag. 111 nota 68 ), nell'articolo ''Lo sai perchè...le sagne al Mulino'', pubblicato sul giornale sansalvese ''Il Nodo'' nel 1986, Evaristo Sparvieri espone una tesi originale e non per questo meno convincente di quella del Piovesan, sulla genesi della tradizione delle Sagne al Mulino. 

La tesi dello Sparvieri, attribuisce alla distanza (5 km) del mulino dal centro abitato la necessità di un pranzo collettivo da consumarsi ''in loco''. A supporto di detta tesi lo stesso Sparvieri aggiunse in una intervista del 2003 che "in realtà inizialmente era considerato un gran disonore e fonte di pettegolezzo il recarsi senza invito' al mulino e solo successivamente tale invito fu esteso a tutta la popolazione".

A ben vedere in entrambe le tesi, tutt'altro che confliggenti, scorgiamo un fondamento di verità, soprattutto se le stesse vengono riferite, come ci sembra giusto, ad epoche diverse e probabilmente a due pranzi diversi. 

Da un lato non vi è motivo di dubitare che San Salvo abbia festeggiato l'arrivo della Santa Urna con un pranzo collettivo e che lo stesso pranzo sia stato ripetuto annualmente (o forse per un certo numero di anni) a favore dei poveri. Tuttavia per non meglio precisate circostanze la tradizione si interruppe ovvero si trasformò nella distribuzione dei cosiddetti ''Porcellati'', ed è lo stesso Piovesan ad ammetterlo.

D'altro canto ad un certo punto della nostra ''storia'' rispunta un pranzo colletivo al Mulino; quest'altro ben poteva avere, almeno inizialmente, le caratteristiche e la funzione descritta dallo Sparvieri.

In conclusione, l'attuale rito delle sagne appare ai nostri occhi come la fusione o se preferite la stratificazione di esperienze diverse sia pur accomunate dalla devozione del popolo sansalvese a San Vitale Martire.

 

Antonio Cilli

 

 

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