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MASSERIA DESERTA

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MASSERIA DESERTA (sopra un'altura, sulla valle del Trigno; un pomeriggio d'inverno) Sei entrato. Una stanza da letto, vuota, e una soffitta di canne, ceduta. Poi la cucina, il sottoscala, un ripostiglio e un forno a legna, dove lei di sicuro metteva a cuocere il pane. Tutto era sfatto, polveroso, imbrunito; c'era un odore di antico, di vecchio, finito, di cose lasciate e perdute là dentro. Eppure... eppure tu udivi. Udivi parole e rivedevi visi, sorrisi, cose andate e scordate, di gente passata in quella cucina. Tutto ti ritornava vivo, presente, danzante e risorto là dentro, e intorno, ti sfilava negli occhi, ti attraversava la mente, tu spiavi e ascoltavi, come in un sogno, incantato, rapito, uno strano e inebriante, celeste canto. Due fanciulli, due sposi soltanto. Quante cure, quanto amore impiegasti tu donna per infonder di luce e tepore quei muri? Per spandervi intorno dolcezza, calore? E le tue fatiche e i tuoi oggetti, e la tovaglia, i bicchieri, il grembiale di allora, la madìa, la farina, il sapone che tu, tu stessa facevi, la cenere, il tino, la colata in giardino? E quelle bimbe, che al mattino svegliavi e mandavi alla scuola? E le tue paure, i tuoi sogni? E tu? Quando stanco la sera, al ritorno, ti vedevi correre incontro quelle care, festose figliole? E dopo cena le abbracciavi, le cullavi al tuo petto? E le vostre stagioni, miei giovani amanti, e il sole e le messi, gli autunni, la neve, le piene del fiume a dicembre, l'erba verde d'aprile, le vostre primavere? Le brezze dolci d'estate sui campi di grano, e lo stormire dei pioppi qua intorno, l'abbaiare dei cani... E i tramonti e i ricordi e i viandanti e la Storia che vedeste passare qua avanti... Ma ditemi, ditemi allora: dov'è finito quel tempo? Dov'è andato, perduto, svanito per sempre, quel piccolo, fragile, tenero mondo, di attese, coraggio, d'amore, che un dì voi creaste? Ma dove? In questi muri? In queste nude pareti ora? Gelide, fredde, nere di fumo?... Francesco Stanziani
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