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Dio cammina al nostro fianco

Commento al vangelo della domenica delle Palme

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Il racconto della passione secondo Luca prende l’avvio dalla cena pasquale, in cui Gesù istituisce l’Eucaristia, sacrificio che perpetua nel mondo la passione, morte e risurrezione di Cristo, fino al suo ritorno.

Gesù rende coscienti gli Apostoli del grave tradimento che un discepolo ha tramato contro di lui e che avrà immediate conseguenze.

La preghiera sul Monte degli Ulivi fa comprendere come Gesù fosse cosciente dell’imminente passione e morte. La natura umana avrebbe voluto che gli fosse risparmiata l’esperienza dolorosa del supplizio della croce e del tradimento dei suoi amici.

Durante una scalata, l'ultimo tratto di strada, quando il sentiero si fa ancora più impervio e le forze sembrano abbandonarci, rende ancora più significativo il momento in cui si raggiunge la vetta.

Il servo di Dio appare uno sconfitto, destinato solo a soffrire, incontrando il rifiuto proprio di coloro a cui è stato mandato.

Se poi si ascoltano solo alcune delle sue parole, possiamo venir confermati nella nostra idea: lui stesso, e per primo, denuncia il suo fallimento e soprattutto l'abbandono da parte di chi lo aveva mandato. "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?" sono parole che ci lasciano qualche perplessità sul vero volto di Dio che è andato delineandosi anche in questa quaresima.

Un volto che appariva benevolo, di padre misericordioso che accoglie il figlio, un Dio fedele che chiama Abramo e Mosè, che rivela il volto del Figlio anticipando il senso della sua risurrezione. Un Dio che accompagna il cammino del suo popolo, mostrando tanta pazienza, come pure abbraccia il figlio che aveva sperperato oltre al denaro anche la dignità.
Invece, proprio alla fine di tutta questa lunga ricerca, iniziata con la vittoria sulla tentazione, quando tutto sembra naufragare a pochi metri dalla riva... allora si rivela in pienezza la forza di questo Amore.

La preghiera di Gesù in croce inizia con le espressioni dell'abbandono: non tanto abbandono da parte di Dio, quanto un abbandonarsi nelle sue braccia, nella mani forti del Padre che non è mai venuto meno alla sua promessa.

Il centurione, un pagano, un estraneo alla storia di Israele e alle sue esperienze di fede, è il capofila di una schiera infinita di persone, appartenenti a tanti popoli della terra, che vengono conquistati dalla fedeltà di quel "servo sofferente" e arrivano a dichiarare forte e chiara la loro fede in Gesù: il Figlio di Dio. Gesù diventa per loro il segno più grande della fedeltà del Padre, fedeltà manifestata non solo verso il suo Unigenito, ma anche per tutti coloro che dalla vita, morte e risurrezione di Gesù sono stati conquistati e resi veri figli di Dio.
Entriamo quindi nella settimana santa, la "grande settimana", non come spettatori di vicende già conosciute, bensì come protagonisti della nostra storia.

Lasciamoci coinvolgere direttamente, perché è la nostra avventura che, se vissuta fino alla fine, ci porta a condividere la fede del centurione e, soprattutto, la fiducia infinita del Figlio che sa bene che il Padre non lo abbandona neppure quando la situazione sembra ormai compromessa.

La storia della salvezza, come la storia di ciascuno di noi, non è esente dal dolore e dalla paura della sconfitta, ma ci assicura che Dio cammina al nostro fianco, perché in lui è fondata la nostra vera gioia, la salvezza che ci porta a dire "è davvero il Figlio di Dio", e a imitare la sua sconfinata fiducia in lui. Una fiducia ampiamente ripagata.

"O Dio onnipotente ed eterno" noi ti rendiamo grazie perché nel tuo grande amore ci "hai dato come modello il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce". Egli è la tua Parola vivente; con la sua vita manifesta la grandezza del tuo amore. Ti chiediamo: "fa' che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione." Così saremo anche noi vincitori insieme con te, e la nostra gioia sarà vera.

Buona settimana Santa e che la Luce del Cristo Risorto illumini la vostra vita.

 

 

 

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