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Oltre 200.000 mq di terreni in abbandono nella zona industriale

Fabbriche chiuse, bonifica, inquinamento, chi se ne occupa?

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200 mila metri quadri di terreni, occupati da aziende oramai chiuse. C'è l'Ala, la Icomi, la VIC lavorazione gessi, le vecchie Fonderie. Aziende chiuse da decenni, la cui area è in abbandono. 

Strutture costruite con materiali, che oggi definiremmo inquinanti, come l'eternit, sui terreni si trovano ancora i materiali delle lavorazioni, (gesso nel migliore dei casi), lasciati in abbandono accatastati o alla rinfusa, così come l'ultimo giorno di lavoro. Alcuni di questi siti sono elencati nell'anagrafe dei siti industriali dismessi e a rischio potenziale, dell'ARTA, l'azienda regionale per la tutela ambientale (leggi), che si vanno a sommare alle discariche censite e non censite, bonificate e non.

Poi ci sono le aziende chiuse per gli effetti della crisi economica. Basta fare poche centinaia di metri su viale Italia, nella nostra zona industriale per comprendere il fenomeno. Sette le aziende chiuse, solo su questo viale.

C'è la Cavani che produceva conserve e vegetali sott'olio, la Comes che produceva mobili, la Curvet che si occupava della lavorazione del vetro, Molino che imbottigliava olio e vino, il frantoio Santoro. Industrie oggi chiuse, cancelli sbarrati. La cui storia è difficile da ricostruire, pochi i dati in merito, poche le statistiche, le chiusure, i fallimenti, non sono utili da citare. Sono aziende che occupavano poche decine di operai, ma che formavano quella economia della "Piccola Impresa" abruzzese, spesso formata sui grandi colossi industriali, altre, tentativi di offrire servizi all'agricoltura.

Stiamo assistendo a livello globale ad una "deindustrializzazione". Il settore manifatturiero che ha ancora una parte preponderante nella nostra zona industriale, sta diminuendo i suoi spazi. La robotizzazione dei sistemi produttivi, ha diminuito gli spazi fisici.

Basta rivolgere lo sguardo agli spazi lasciati vuoti dalla Denso, una volta occupati da centinaia di operai ed impiegati, oggi subaffittati alla Pilkington, (che li usa non per nuove produzioni, ma come magazzini), per comprendere il fenomeno che si sta verificando. I nuovi insediamenti sono centri logistici, impianti di recupero e lavorazione dei rifiuti, servizi al terziario. Ce ne ha parlato  Walter Schmidt General Manager della NSG Pilkington. Assisteremo ad una progressiva automatizzazione dei sistemi produttivi, il terziario è il futuro al quale il lavoro deve guardare: turismo, servizi alla persona, si salverà chi saprà adattare le proprie conoscenze ed abilità alle nuove tecnologie.

Rimane il problema della bonifica di queste aree e di come esse debbano essere riconvertite. Chi si occuperà della loro bonifica? Aziende che non esistono più o in stato fallimentare. C'è un Disegno di legge il 1836 del 2015 “Misure per favorire la riconversione e la riqualificazione delle aree industriali dismesse”, che propone una soluzione. 

L’obiettivo di questo DL. è la riconversione di aree artigianali dismesse e parzialmente dismesse, favorendo sviluppo economico e tutela ambientale. Ex opifici potranno essere riconvertiti in siti produttivi ma anche abitativi e turistico-commerciali, con alcune clausole come l’obbligo di prevedere edilizia residenziale sociale e il 20% di servizi pubblici. Confindustria stima un valore complessivo delle bonifiche pari a 30 miliardi di euro, con 415 mila potenziali posti di lavoro in tutto il Paese. Si garantisce riconversione, occupazione, sviluppo, tutela ambientale con bonifiche e non consumo di suolo.

Ma il disegno di legge ovviamente è fermo, la politica oggi ha altre urgenze. I costi della bonifica oggi sono esosi, eternit, impianti non a norma, una riconversione economicamente non sostenibile nel 100% dei casi.

E' più economico installare nuovi capannoni su un terreno agricolo anziché impiantarne uno su aree già presenti, sottraendo oggi come una volta spazi all'agricoltura, il nostro "fiore all'occhiello". 

Cominceremo una serie di articoli di approfondimento, con i quali cercheremo di ricostruire le storie di questi siti industriali, che costituiscono il nostro territorio. Vedremo come è cambiata l'industria, partendo dai suoi protagonisti, cercheremo di capire dove sta andando, quali saranno le professionalità richieste nel prossimo futuro.

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