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Don Beniamino: “Signore, facciamo un patto: tu sei il Parroco e io il viceparroco”

Storie di vita: la vocazione del nuovo sacerdote della parrocchia di San Nicola

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Don Beniamino Di Renzo è un giovane sacerdote di soli 33 anni che da giovedì 7 settembre 2017 si insedierà nella parrocchia di  San Nicola qui a San Salvo. Il suo paese di origine è San Martino sulla Marrucina. Ultimo di tre figli, nato il 23 maggio del 1984, da Ennio Di Renzo (prima ufficiale civile di marina imbarcato e poi direttore delle poste di Chieti) e Giuseppina Pompilio. 
È stato ordinato sacerdote l’8 settembre del 2012 e ha celebrato la sua prima messa il 9 settembre 2012 e il 5 ottobre dello stesso anno è diventato parroco a Gessopalena dove è rimasto fino ad oggi.

Mi racconti un po’ di te e della tua scelta di diventare sacerdote?

Io sono nato in una famiglia in cui tutte le domeniche si andava a messa. Non si andava solo se si era malati. E anche i discorsi e le scelte che si facevano andavano nella stessa direzione. Siccome mia mamma lavorava come fisioterapista in ospedale, spesso stavo con la mia prozia Maria che
era una donna dalla grande fede che seppur non era sposata e non aveva figli era incredibilmente materna e viveva il senso più profondo della vita e della salvezza eterna. Spesso mi portava con sé in parrocchia per seguirne le varie attività. Siccome nei periodi estivi amavo andare a messa anche tutti i giorni molti mi dicevano di farmi sacerdote ma io mi arrabbiavo tantissimo e qualche volta ho anche risposto davvero male e chi “osava” dire una cosa del genere. Nella mia testa c’era l’idea di seguire l’esempio di mia nonna materna che divenne un’insegnante in ruolo grazie a un concorso che vinse a soli 16 anni ( classe 1906!). Gli ultimi due anni della sua vita li ha vissuti a casa nostra allettata. Io che avevo solo tre anni e ricordo ancora che le gironzolavo sempre intorno. E vivevo in pienezza ciò che lei rappresentava per la nostra famiglia anche nel periodo della malattia: non un peso ma una presenza viva e bella. Nonostante ero molto piccolo conservo un bellissimo ricordo di lei. Dalle testimonianze che avevo raccolto in paese sapevo che nonna considerava i suoi alunni dei figli da educare e non persone da indottrinare. Questo mi affascinava tantissimo. E così dopo aver conseguito il diploma di ragioneria nell’ottica dell’insegnamento mi sono iscritto alla facoltà di Scienze Religiose a Chieti.

Io vivevo la chiesa come un fatto culturale e vitale che apparteneva al mio modo di essere. Ma ci fu un giorno, nel periodo natalizio, in cui mi misi a contemplare il presepe di casa e nel vedere la grotta illuminata mentre le altre luci erano spente mi venne da pensare ”Dio tu sei un Dio che ascolta e so che ascolti anche me in mezzo a tanti. Che bello significa che mi vuoi bene!”. Da allora ho cominciato a sostare tutti i giorni almeno una decina di minuti davanti al Santissimo senza dire una parola semplicemente per stare un po’ insieme a Lui.

Ciò nonostante continuavo a scartare l’idea del sacerdozio ancora di più quando entrai una volta in Seminario per andare a far visita a un amico, Angelo Di Prinzio. E quel giorno le mie "ultime famose parole furono “Io qui non metterò mai piede!”. Seppur vedevo il matrimonio come una cosa davvero bella e avevo anch’io avuto le mie sbandate per le ragazze, sentivo che non era per me e cominciavo a maturare l’idea che dovevo fare qualcosa di bello e grande per Dio e pensavo a qualche forma di celibato, massimo diaconato. Mi spaventava troppo l’idea di mettere la mia vita completamente nella mani di Dio.

Ma tra il 2007 e il 2008 successero tanti episodi che travolsero completamente questa mia idea. Ero già stato a Lourdes diverse volte ma a febbraio del 2007 vi tornai in occasione del 150° dalle apparizioni e andando a visitare la salma di Santa Bernadette vidi un immagine bellissima che mi colpì profondamente: il volto della santa, serena e beata. Scoppiai a piangere e chiesi: “ Se è nella volontà di Dio, aiutami a fidarmi completamente di Lui come hai fatto tu” . Stessa preghiera innalzai alla Madonna davanti alla grotta.” Nel giorno dell’ordinazione del mio amico Angelo (agosto 2007) mi avvicinai al vescovo Bruno Forte semplicemente per salutarlo come fanno tutti. Gli parlai un po’ di me e gli dissi che stavo frequentando Scienze religiose e lui quasi in maniera secca “Dio da te vuole qualcosa in più”. E fece segno al suo segretario (all’epoca Don Domenico Spagnolo) di darmi un bigliettino da visita del gruppo del discernimento vocazionale Samuel. Presi quel bigliettino, lo misi in tasca e lo riposi in un comodino. A ottobre mi dissi “devo sapere cosa vuole Dio da me” e chiamai quel numero nella convinzione che non sarebbe stata la mia strada. Chiamai e mi convocarono per il giorno dopo a San Giovanni In Venere a Fossacesia. E da lì è cominciata a maturare in me l’idea di entrare in seminario che rivelai alla mia famiglia solo nel luglio del 2008.
 

Oltre alla tua famiglia ci sono delle persone che porti nl cuore e che ti hanno aiutato a maturare questa scelta?

Di sicuro la mia prozia Maria e i due sacerdoti che hanno guidato la parrocchia del mio paese negli anni cruciali della mia vita, l’indiano don Ignazio Amaladas e don Antonio Di Francescomarino. Entrambi con una spiritualità straordinaria ma anche ferma. Quest’ultimo in particolare prima di essere un sacerdote era semplicemente un cristiano sempre nella gioia e sempre col sorriso fino all’ultimo quando un tumore al pancreas lo ha portato via l’11 giugno del 2008. Aveva dei modi molto signorili , di una profonda gentilezza verso tutti senza alcuna distinzione. Mi sconvolse il suo modo di affrontare la malattia e vedendolo sempre più deperire mi chiedevo “ma come fa a restare così tranquillo?”. Era una persona molto autorevole ed era l’unico a cui non osavo rispondere in malo modo quando mi diceva di farmi sacerdote e ancora maturavo quell’idea. A febbraio del 2008 quando l’andai a trovare gli avevo rivelato la mia volontà di entrare in seminario. E lui esclamò “Finalmente!” I suoi funerali furono celebrati il 13 giugno del 2008 nella cattedrale di Chieti dal Vescovo Bruno Forte che in quell’occasione mi disse “un santo sacerdote è volato in cielo, un altro si prepara a dire messa”.

Come hai vissuto la tua prima esperienza da parroco?

Ho chiesto al Signore: “Se tu che mi hai voluto qui! Facciamo un patto Tu sarai il parroco e io il tuo viceparroco”. E così è stato. Umanamente a tutti fa piacere avere il plauso degli altri e questa sensazione di essere stato un semplice strumento nelle mani di Dio, mi aiuta a non entrare in superbia. Nel giorno in cui mi hanno salutato a Gessopalena e guardandomi intorno, mi sono reso conto che sono state fatte tante cose ma non me ne sento responsabile. La cosa più bella, e di cui non mi sento artefice, è stato quando un parrocchiano mi ha detto “grazie a te mi sono riavvicinato a Dio”.



 

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