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Addio influencer, benvenuti UGC. Perché le aziende punteranno sugli utenti poco famosi

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La cosiddetta "economia degli influencer" è sull'orlo di un cambiamento assolutamente radicale. Stimolati dalla popolarità di TikTok, Instagram e dai loro complessi algoritmi di visibilità, che favoriscono i contenuti rispetto ai creatori, molti marchi e agenzie stanno investendo sempre più budget nei contenuti generati dagli utenti, in particolare dai piccoli influencer e, in qualche misura, stanno tagliando i ponti con le grandi celebrità di Internet.

Durante la pandemia, alcuni marchi si sono aggrappati ai grandi influncer per questioni di pura opportunità e hanno ottenuto risultati così buoni che hanno finito per inserire stabilmente i contenuti generati dagli utenti nei loro modelli di marketing. 

Un esempio viene dal gambling, dove alcuni marchi tra i più importanti del settore che interessa i casinò online, hanno stabilito delle partnership con molti club della Serie A, comparabili a dei grandi influencer. Starcasino Sport, prodotto legato alla piattaforma Starcasino, mediante il suo canale informativo si è appoggiata a queste figure del calcio per ottenere maggiore visibilità in un periodo in cui fare comunicazione e pubblicità era veramente difficile. Tale strategia viene ancora oggi adottata con successo dal brand del gruppo svedese Betsson, e si stanno riscontrando diversi casi di emulazione da parte di altri competitors del segmento online, per offrire anche all’opinione pubblica un’immagine differente rispetto al gambling puro e per fidelizzare ulteriormente i propri utenti.

Tuttavia, dopo oltre un decennio in cui hanno investito ingenti somme di denaro in partnership con i pesi massimi dell'influencer marketing, i marchi stanno ora siglando accordi molto più economici con creatori amatoriali e riempiono la rete con contenuti che trasudano autenticità e con i quali l'utente medio di Internet può facilmente identificarsi.

"I brand non assumono più influencer per agire come tali, ma piuttosto come content farm esterne", ha dichiarato Flynn Zaiger, CEO di Online Optimism. "I nostri clienti non sono più interessati al numero di follower o ai tassi di coinvolgimento degli influencer. Vogliono vedere esempi di contenuti per capire bene la capacità degli influencer di muovere determinati prodotti", aggiunge Zaiger.

Secondo un recente studio di TELUS International, l'83% degli americani ha pubblicato User Generated Content sui social media, ‘influenzando’ immagini (52%), recensioni (51%) o commenti (44%).

I contenuti generati dagli utenti sono estremamente autentici e quindi si connettono più facilmente con il pubblico. "L'UGC democratizza i contenuti", afferma Jason Konopinski, marketing content specialist di SocialLadder. "Se si è presenti su una piattaforma e si pubblicano contenuti, si è già un creatore e si è in grado di generare UGC", sottolinea. 

"Anche se non usiamo gli UGC nelle campagne che conduciamo, sfruttiamo i contenuti generati dagli utenti per alimentare le nostre campagne e la loro consapevolezza", afferma Annette Sally, presidente di Blue Sky Agency. "Più le campagne sembrano 'prodotte', più tendono a essere scollegate dal consumatore reale", insiste Sally. "Gli UGC entrano in contatto con il pubblico perché sono autentici al 100%", afferma l'autrice.

Per gli inserzionisti con budget pubblicitari ridotti, l'User Generated Content può essere un'opzione conveniente ed efficace per generare lead e aumentare le conversioni, in particolare in settori come il retail e la ristorazione. Vale la pena notare, tuttavia, che in termini di conversione, l'onere non ricade su un singolo creatore (come nel caso di celebrità come le Kardashian), ma su una vasta gamma di creatori.

D'altra parte, nonostante l'ascesa dell'UGC, gli influencer di più alto profilo in Italia non vedranno in alcun modo diminuire le loro paghette e continueranno a riempire i loro forzieri personali fino all'orlo.

"I grandi influencer sono ancora un'opzione eccellente per stimolare le conversazioni sul lancio di prodotti e nuovi marchi", afferma Konopinksi. "Il vuoto che i creatori amatoriali colmano è quello di ambasciatori del marchio. Siamo tutti consumatori. Le persone non nascondono il loro entusiasmo per i marchi che amano ed è quindi del tutto naturale parlarne sui social media", sottolinea.

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