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San Vito Chietino, un "No al petrolio" chiaro anche sotto la pioggia

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Era un corteo variegato e multicolor quello che ieri ha sfilato lungo il tracciato dell'ex ferrovia costiera di San Vito Chietino, la "Costa dei trabocchetti" secondo lo striscione di benvenuto. I colori erano quelli delle tante sigle aderenti, Legambiente, WWF, ARCI, Costa Verde, Porta Nuova Vasto, Nuovo Senso Civico, S.U.M.O. e tanta altre, tutte raccolte sotto la rete associativa che prende il nome di "EMERGENZA AMBIENTE ABRUZZO". Oltre alle associazioni, tanta gente comune che ha a cuore la sorte di uno dei tratti più caratteristici della costa adriatica. Erano tutti lì per ribadire una chiara opposizione ai progetti delle numerose aziende petrolifere straniere e non che sulla carta coinvolgono circa un milione di abruzzesi: trivellazioni e lavorazione del petrolio grezzo sia in mare che sulla terra ferma. Dal lago di Bomba a Pineto, da Vasto a Silvi, Teramo, Sulmona e ancora altre località. La giunta regionale, inoltre, è accusata di politiche ambigue e non chiare: un modo per tener buona la popolazione coinvolta, ma senza dare un stop decisivo ai progetti di ENI, Forest Oil Denver, Petroceltic, ecc. La grande assente è stata Maria Rita D'Orsogna, anch'essa bloccata dalla nube islandese, che ha voluto ugualmente essere partecipe tramite una lettera con la quale mette in guardia gli abruzzesi affinché non permettano che si replichi la disastrosa esperienza della Basilicata. Qui la val D'Agri, ma non solo, è stata devastata dalle trivellazioni (e succesive lavorazioni del petrolio): la produzione di vino e olio si è dimezzata, l'agricoltura in generale è affossata delle falde acquifere contaminate. L'ENI è sottoprocesso per inquinamento, ma continua con progetti di nuove estrazioni. Tutto questo in cambio di royalties e limitati posti di lavoro. La situazione è così compromessa, che per molti l'unica soluzione è l'emigrazione. Il punto, però, ruota sempre intorno all'informazione. Un popolo adeguatamente informato si mobilita; non bisogna trascurare in questo senso i successi che la campagna "anti-petrolizzazione" ha riscosso finora. Un centro-oli dell'ENI dato per certo da circa tre anni, in regola e con tutte le sorti di autorizzazioni, è ancora bloccato sul nascere: si tratta di quello di Ortona. A Pescara e a Bomba, i delegati delle ditte petrolifere (rispettivamente ENI e Forest Oil Denver) sono dovuti quasi fuggire davanti alle rimostranze della gente del posto; una situazione del genere si è verificata anche a Cupello l'estate scorsa, quando Giovanni Chiodi ha abbandonato l'aula consigliare durante un incontro non pubblicizzato sull'economia abruzzese. Ieri, dal palco, sono stati ringraziati i tanti sindaci aderenti alla manifestazione. Sono proprio loro chiamati a divulgare tra i propri cittadini le informazioni reali riguardo i progetti in atto. Spesso, però, questo non avviene e ancora oggi si difendono i limitati posti di lavoro rispetto a interi settori d'eccelenza che rischierebbero il tracollo: agricoltura e turismo. È questo, ormai, non più un semplice impegno, ma un dovere dal quale dipende il futuro dell'Abruzzo.
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