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Inchiesta sugli effetti della crisi economica a San Salvo (2)

Intervista a Nicola Argirò

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In questo secondo incontro abbiamo ascoltato le considerazioni e riflessioni di Nicola Argirò sul tema, nel suo duplice ruolo di imprenditore del “Gruppo Argirò” (azienda di progettazione, meccanica di precisione e assemblaggio) e di consigliere regionale, Presidente della IV Commissione relativa alle Attività Produttive e Ambiente. D. Qual è il suo punto di vista sullo stato attuale delle imprese industriali a San Salvo e nel comprensorio del Vastese, in particolare delle piccole e medie ? R. San Salvo attraversa una fase di innegabile difficoltà, ma per fortuna le Multinazionali hanno retto alla crisi. La Denso ha avuto un ridimensionamento della forza lavoro negli anni passati e attualmente non presenta criticità, infatti ha appena avviato una nuova linea per la produzione di alternatori con buone prospettive di crescita di mercato. Sulla Pilkington si sentono notizie contraddittorie, però resta una delle aziende più importanti del nostro comprensorio, ben inserita nel mercato globale. Anche lo stabilimento TYCO di San Salvo è tra i più produttivi dell’intero gruppo mondiale. Quindi, mentre le tre aziende più grandi non sono per il momento a rischio, vivono invece un momento difficile le imprese medie e piccole che hanno registrato un notevole calo di commesse lavorative, lavorano con margini ridottissimi, sono le più esposte con le banche ed hanno maggiori difficoltà nell’internalizzazione, cioè ad accedere al mercato globale. D. Nel periodo 2008/2011, in che modo si sono modificate l’attività produttiva e di finanziamento nonché le condizioni di mercato per le aziende dell’area S. Salvo-Vasto-Gissi? R. Fino al 2009, gli effetti della crisi nel Vastese sono stati minimi, perché c’erano ancora commesse acquisite e da smaltire per lavori presi nel 2008, periodo pre-crisi. Il dramma è cominciato nel 2010, quando si è verificato il crollo dei fatturati e le difficoltà sono venute allo scoperto nella loro interezza. Le crisi, lo sappiamo, sono cicliche, pertanto ricorrenti. Ma la crisi finanziaria del 2008, essendo scoppiata all’improvviso con il crollo delle borse Americane ha bloccato gli investimenti. Molte piccole e medie imprese si erano indebitate effettuando investimenti proprio nel 2008 quando nulla faceva presagire la crisi poi scoppiata in maniera violenta, quindi i nuovi investimenti sono risultati inutili, indebitando ulteriormente le aziende stesse. Il problema grosso, oggi, è che di fronte a commesse e fatturati crollati mediamente del 30%, si hanno condizioni di lavoro sfavorevoli, a basso margine, e a indebitamento crescente. I margini di guadagno e i fatturati sono andati a picco, peggiorando il rating delle aziende, e con un rating negativo le banche ti chiudono le porte riducendo i fidi e gli scoperti di c/c. Una piccola o media impresa che ha una tempistica di realizzazione del lavoro di 7/8 mesi, tra inizio e completamento della pratica di lavoro (commessa, produzione, vendita e incasso) ha dunque una problematica nel sostenere il lavoro stesso. Come fa un’azienda ad anticipare i soldi per il pagamento mensile dei dipendenti, per l’acquisto della materia prima che si paga a 30 giorni, per pagare i subappalti o tutte le forniture che di solito hanno un tempo massimo di pagamento di 90 giorni se la Banca non ti sconta il contratto o l’ordine di lavoro per accompagnare l’azienda nella realizzazione della commessa? Per questo motivo le piccole e medie imprese si sono fermate per le stesse ragioni per cui si è fermata l’edilizia in quanto le banche non concedono più i mutui per l’acquisto casa alle famiglie mono reddito o con contratti di lavoro non definitivi. Quanto alla crisi della Golden Lady di Val Sinello e della CIMA di San Salvo si tratta di casi particolari, perché le aziende erano fondamentalmente sane e gli imprenditori hanno fatto scelte diverse di delocalizzare le proprie fabbriche in mercati per loro più convenienti. La politica deve fare ogni sforzo per convincere le aziende a rimanere sul territorio. D. Oltre la concorrenza in ambito di mercato globale e le responsabilità dell’Europa, quali sono stati i limiti della politica economica nazionale in relazione all’attuale fase di crisi? R. Le banche dovrebbero aiutare di più le imprese. Capisco i loro problemi di poca liquidità e che sono indebitate con i titoli di stato. Ma recentemente Draghi, presidente della BCE, ha concesso 500 miliardi di euro alle banche europee (di cui 40 miliardi a quelle italiane) al tasso di interesse dell’1% a tre anni, perché possano ripianare i debiti e svolgere una loro funzione a sostegno della ripresa. Alle banche dovrebbe essere ora imposto di non spendere questo denaro in attività speculative ma di veicolare i flussi finanziari all’attività produttiva e ai consumi delle famiglie. Il problema è che le imprese non hanno le stesse possibilità delle banche, dunque i governi dopo la fase della tassazione e dei sacrifici richiesta a imprese e cittadini, dovrebbero fare manovre incentrate sulla crescita e sullo sviluppo per le aziende e per le famiglie. D. Più in specifico, con quali strumenti la Regione e i Consorzi intendono dare risposte alle problematiche economiche e sociali della nostra zona? R. La Regione Abruzzo è commissariata sulla Sanità e sul terremoto. La speranza è che, avendo chiuso per il secondo anno consecutivo il Bilancio della Sanità in pareggio il Ministero ci consenta la prossima primavera di poter uscire dal Commissariamento e di poterci riappropriare di molte risorse nel nostro Bilancio Regionale. Attingendo sia ai fondi FAS che ai fondi della Comunità Europea, abbiamo avviato un nuovo modello di sviluppo, incentrato non più con interventi a pioggia ma con modelli di sistema che favoriscano i “poli di innovazione” e le “reti di impresa”, cioè finanziamenti che aiutino le filiere produttive e prodotti innovativi e competitivi sul mercato globale. Per il credito, la Regione ha predisposto l’attivazione di due fondi a rotazione per 24 mil. di euro, per le imprese innovative e per i consorzi fidi, per facilitare l’accesso al credito delle piccole e medie imprese. I “consorzi fidi” svolgono un ruolo importantissimo concedendo alle imprese parte delle garanzie richieste dalle banche per l’erogazione di nuovi mutui o prestiti. D. Per concludere, ci esprima le sue previsioni per l’immediato futuro del nostro comprensorio. R. Da imprenditore non voglio essere troppo ottimista ma nemmeno eccessivamente pessimista; il 2011 è stato un anno terribile, il 2012 si prospetta a tinte fosche, però, con una crisi che dura da tre anni, ritengo che una ripresa seppur minima e non ai livelli pre-crisi ci debba pur essere perché i consumi e gli investimenti si debbono per forza riattivare. Questa ripresa deve essere però accompagnata da una politica europea e nazionale che sappiano supportare la rete di piccole e medie imprese e le famiglie. E’ ormai ora che i governi europei impongano alle banche misure efficaci di sostegno ed aiuto al credito e alla liquidità delle famiglie e delle PMI.
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