Ogni anno, alla prima domenica di Quaresima, secondo i 3 cicli liturgici A,B e C, siamo messi davanti al racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto. Tentazioni, tempo di deserto che Egli vive appena dopo aver ricevuto il battesimo da Giovanni nel Giordano. In questo anno B, è il testo di Marco che ci introduce in questo aspetto così personale della vita di Gesù e anche così umano. Secondo il suo stile, Marco sembra non dirci tanti particolari sulle tentazioni di Gesù. Infatti il testo dice semplicemente che lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e vi rimase 40 giorni tentato da Satana.
Anche se il testo sembra molto scarno, in realtà c’è sicuramente qualcosa di profondo che il testo ci dice. Contestualizzandolo possiamo ricordare che Gesù, poco prima, ha ricevuto il battesimo di Giovanni sulle rive del Giordano. Proprio nel suo battesimo Gesù comprende quella che è la sua vocazione, la vocazione ad essere dono d'amore del Padre, vocazione ad essere via attraverso la quale Dio si fa conoscere agli uomini. Però come vale per la vita di ogni uomo quando ci si avvicina a Dio, quando a noi si apre il cuore, ecco che lo Spirito ci sospinge anche nel deserto. Deserto che, per antonomasia, sicuramente è luogo di solitudine, di fame e di sete. Il deserto però è, anche biblicamente, il luogo del fidanzamento come ci riporta il profeta Osea. È anche il luogo del primo amore, è il luogo dove, appunto per il suo silenzio e le sue asperità, dove l'uomo apprende ad essere figlio perché sperimenta il proprio limite.
Nel deserto l'uomo si ricorda di essere una creatura. Infatti nel deserto l'uomo lotta, purifica se stesso e quindi ritorna all'essenziale rispetto a tante sovrastrutture che magari si vengono ad accumulare nella sua vita. Infatti Marco non indica le specifiche tentazioni di Gesù, quelle che invece ci riportano Matteo e Luca: la tentazione della fame, la tentazione del successo, la tentazione del non fidarsi di Dio. Marco non ce le riporta, dice semplicemente che nel deserto Gesù rimase 40 giorni tentato da Satana. Potremmo indicare in questa frase quasi una tentazione continua, quindi non tanto singole tentazioni quanto un esame di vita, una tentazione continua dove anche Gesù, come ogni uomo si pone davanti a delle domande fondamentali: “Chi è Dio per me? Su chi fondo la mia esistenza? Chi è il Signore della mia vita?”.
Nel testo, inoltre, Marco non evidenzia la vittoria sul tentatore nel momento della tentazione. Ma da questa quarantina di Gesù nel deserto, inizia e anzi si snoda tutto quel ministero che avrà poi la sua vittoria definitiva in un altro deserto che è quello della Croce, quello dell'abbandono di Gesù da parte dei suoi.
Nella Croce Gesù ha vinto e questa vittoria è per noi segno di consolazione e di speranza perché sicuramente Gesù ha preso la sua vittoria dalla sua divinità ma la sua possibilità di essere tentato, come dice Sant'Agostino, l’ha presa dalla nostra umanità. Questa lotta, quella contro lo spirito del male, lo spirito della sfiducia in Dio, continuerà nella vita della comunità dei credenti. Questa lotta accompagnerà la proclamazione del Vangelo a tutte le nazioni.
È molto bella anche l'immagine di Gesù che sta con le bestie selvatiche. I padri della Chiesa vi ravvisano la ricomposizione di quell’armonia che si venne a rompere con il peccato di Adamo. Gesù quindi è colui che porta a compimento l’alleanza iniziata da Dio con l’uomo già ai tempi di Noè, come ascoltiamo nella prima lettura. Infatti il tema fondamentale di tutta la storia di Noè dell’Arca non è tanto il diluvio quanto la pazienza di Dio che stringe un’alleanza con l'uomo, sua creatura, al quale ha donato la libertà ma che egli utilizza spesso male come veicolo di violenza e di morte.
Un Dio paziente come quello dell'arcobaleno. Come dice il testo: “Ecco Io pongo il mio arco come segno della mia Alleanza”. Un Dio paziente nell’ educare il cuore dell'uomo per farlo divenire figlio, una figliolanza che, come ci ricorda San Pietro nella seconda lettura, nasce dall’aderire a Cristo attraverso le acque del battesimo nel quale proprio l'arca di Noè e il diluvio ce lo insegnano: essere salvati mediante il legno nell'acqua. Cristo nel deserto ci educa al silenzio interiore che permette di comprendere che si può vivere non nonostante i fatti Concreti ma attraverso una quotidianità in cui convivono esperienze opposte che ci rafforzano, ci interrogano e ci purificano e potremmo dire così ci salvano sempre nel viverle uniti a Cristo.