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“Papà si caratterizzava per il suo sorriso e la sua abitudine di fare sempre domande”

Antonio Boschetti racconta la figura politica del suo papà Rocco

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Rocco Boschetti, unico figlio di Emilia Cilli e Antonio Boschetti, nato il 30 novembre del 1938 e venuto a mancare il 30 marzo 2014 è stato, in qualità di esponente del vecchio partito della “Democrazia Cristiana”, uno dei punti di riferimento della politica sansalvese tra il 1973 e il 1988. Di seguito l’intervista al figlio Antonio su questa figura.

Chi era tuo padre?

Della sua gioventù so, in base ai suoi racconti, che era uno che amava divertirsi. Aveva degli amici storici come Tonino Evangelista, Alfiere Evangelista, Tonino Pagano, Romano Cervone e con i quali organizzavano spesso delle serate di ballo nelle case e cose di questo tipo. Quando era giovane collaborava nelle attività di famiglia poi nel 1965 è entrato a lavorare come impiegato dentro la Siv. Nel giro di breve è diventato una figura di spicco del sindacato della Cisl. Papà era un eccellente organizzatore e sapeva coordinare chi gli stava intorno. E proprio grazie a queste qualità, era stato intercettato da Vitale Artese che l’ha introdotto all’interno della “Dc”.  Papà più che del partito era letteralmente affascinato da questa figura per la sua intelligenza viva e la sua concretezza. Quando è entrato nel partito aveva trovato il suo mondo e le campagne elettorali erano uno vero spasso per lui. All’epoca non c’erano i telefonini e né i Social Network. Il telefono si usava con parsimonia perché era costoso e comunque considerato un semplice strumento per fissare appuntamenti. La campagna elettorale era fatta esclusivamente intercettando e incontrando le persone a tu per tu e con un porta a porta che ti facevano incontrare e ascoltare davvero gli altri. Vi si dedicava anima e corpo soprattutto per portare avanti il suo leader. Fu uno dei fautori della costruzione di un edificio deputato a essere la sezione di partito e luogo di ritrovo, di svago, crescita politica e umana di tanti giovani. Ed è ciò che è stato quell’edificio in piazza Vitale Artese negli anni d’oro del partito.

Perché ha lasciato la politica?

Papà in realtà non ha mai lasciato la politica per lui era una passione che l’ha accompagnato fino alla fine. E quando hai una passione come ogni altra passione non sai da dove viene e perché ti viene ce l’hai e basta. Ha smesso di essere un militante di partito con le elezioni del comune di San Salvo nel 1989 perché era rimasto male con il suo leader Vitale Artese che aveva preferito un altro uomo come capolista e quindi come sindaco. “Ma come? Dopo tanti anni che ho quasi fatto da servo al partito e a lui, ora che è venuto il mio momento mi scartano?”.  Anche se non l’aveva messo come capolista, Artese, che era furbo e sapeva che papà poteva boicottare i voti del partito e non far eleggere il capolista, lo richiamò al dovere e gli disse che si doveva comunque candidare. Egli non volle ma venne fuori il mio nome e così in quel mandato feci la mia prima esperienza attiva in politica. Papà mi fece una campagna elettorale straordinaria come solo lui sapeva fare e ci divertimmo tantissimo. Ai suoi occhi quella sua esclusione era un affronto ma io che ho un occhio diverso e oggi ho acquisito anche una certa esperienza in politica so che Vitale Artese aveva avuto ragione a non averlo voluto candidare. Papà era un eccellente organizzatore e quindi di quelli che stanno bene dietro le quinte ma era un fifone, aveva paura di sbagliare e che le cose potevano andar male. E se sei così non puoi essere un leader.

Che tipo di padre è stato per te?

Un padre molto presente forse soprattutto perché condividevo con lui la stessa passione per la politica. Fino alla fine, una volta a settimana andavamo insieme a fare spesa e parlavamo tantissimo e ovviamente le nostre chiacchierate spesso andavano a finire sulla politica. Tra i ricordi più belli che ho di lui è stato quando stavamo solo io e lui e all’alternativa di un’operazione che poteva andar male o dargli l’opportunità di vivere ancora e il non operare e aspettare semplicemente la fine, lui, che era un fifone all’ennesima potenza, scelse di farsi operare perché amava la vita e voleva vivere. 

Dopo che ha smesso di essere militante di partito si è aggrappato a qualcos’altro?

Dopo che ha lasciato il partito era rimasto talmente scottato dalla politica che io mi occupassi di politica e quando mi sono candidato alle regionali mi disse “Ma chi te lo fa fare? Lascia stare”. Lui nel frattempo aveva avuto modo di avvicinarsi alla fede semplicemente accompagnando mamma a messa e seguendola nei vari pellegrinaggi. Il suo avvicinarsi a Cristo è stato un fatto che è arrivato in maniera graduale e a cui è arrivato dopo circa dieci anni semplicemente perché aveva sperimentato che frequentare la “chiesa” lo faceva essere più sereno. E questa serenità la trasmetteva anche a chi incontrava con un sorriso che gli veniva da dentro. Stava sempre in giro, adorava passeggiare per il paese, incontrare la gente ed era un curiosone. Faceva sempre domande a tutti e quindi sapeva sempre tutto di tutti.

 

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