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Ci conceda il Signore di animare la nostra vita a essere “discepoli-missionari”

Commento al vangelo

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La presunzione di essere giusti davanti a Dio è un grande inganno, perché non considera la distanza che c’è tra noi e Dio. L’inganno diventa ancora più grande, quando la stima di se porta a giudicare e disprezzare gli altri. La parabola descrive due atteggiamenti contrapposti: da una parte il fariseo che ritiene di poter presentare a Dio la propria giustizia e che, come se fosse lui stesso dio, giudica il pubblicano, il quale, dall’altra parte sa solo chiedere pietà a Dio per la sua condizione di peccatore.

È una parabola che non ha bisogno di tante spiegazioni e tutti possiamo comprendere che la misura della nostra esaltazione di fronte a Dio dipende dalla capacità di riconoscere, lealmente, la nostra condizione di peccatori. Solo il Signore può giudicare, e nel Suo giudizio, non c’è preferenza di persona, sicché chi è umile, e si riconosce tale, ha la certezza che le sue parole attraversano le nubi e ottengono l’intervento di Dio. “Consideriamo in che cosa consiste la nostra preghiera.

Certo non siamo degni di ottenere ciò che si conviene chiedere e ricevere tra amici, ma ciò che si accorda a servi ribelli e gravemente responsabili. Invochiamo il Signore non perché ci conceda ricompense e favori, ma perché sia misericordioso. A chi spetta, se non al colpevole, chiedere a Cristo, amico degli uomini, il perdono dei peccati? Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati” (Nicola Cabasilas). “La preghiera autentica ti manifesta a te stesso” (Giovanni Climaco). “Per preghiera non intendo quella che affiora sul labbro, ma quella che scaturisce dal fondo del cuore” (Giovanni Crisostomo). “A Dio piace più l’umiltà dopo che abbiamo peccato che la superbia dopo che abbiamo fatto le opere buone” (dall’Imitazione di Cristo).

Non è umiltà considerarsi peccatori, dato che lo si è realmente. C’è umiltà, invece, quando uno, pur consapevole di aver fatto molte belle cose, non concepisce una troppo alta stima di sé” (Giovanni Crisostomo). Quante volte confrontandoci con gli altri proviamo la nostra superiorità? Eppure il paragone con gli altri è ingannevole perché la loro colpa può alleggerire la nostra, la loro mediocrità può farci sentire perfetti. Il confronto, invece, va fatto con Dio: siate perfetti come il Padre (cfr Mt 5,48).

Quante volte ci rinchiudiamo nella prigione delle nostre vere o presunte virtù e ci facciamo forti delle nostre pratiche religiose? Quante volte ci sentiamo in regola, credendo di stare in piedi e invece rovinosamente cadiamo? Signore, anche noi come il fariseo qualche volta ti abbiamo ringraziato perché non siamo come quei delinquenti, disonesti, infami di cui sono piene le cronache. Eppure tu hai detto che i pubblicani e le prostitute passeranno avanti nel tuo regno. Perdonaci per tutte le volte che abbiamo guardato dall’alto in basso i nostri fratelli.

Cristo, facciamo fatica a guardarci dentro con equilibrio. Ci deprimiamo nei momenti di difficoltà, quando emergono più evidenti i nostri limiti e difetti. Ma quando stiamo con gli altri, tentiamo di mostrarci soddisfatti. Perdonaci se non abbiamo ancora capito che siamo unici, imparagonabili, che non c’è bisogno di guardare al peggio o al meglio di chi ci sta intorno per esaltarci o per scoraggiarci, che possiamo amarci come Tu ci ami!

Il fariseo e il pubblicano pregavano lo stesso Dio. Il primo crede in un Dio che lo rende migliore del resto degli uomini; il secondo trova Dio nell’esperienza della propria indegnità. Signore, perdonaci per tutte le volte che travisiamo l’immagine del Padre, considerandolo Uno che si può comprare con una vita virtuosa, e non un Dio che ci salva per la tenerezza del Suo perdono.

Celebriamo oggi la GMM. Lo slogan di quest’ottobre missionario è “Nel nome della misericordia”. Questa 90esima edizione ha un valore aggiunto per il Giubileo straordinario che stiamo vivendo. Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, ricorda che “In virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del popolo di Dio è diventato discepolo e missionario (cfr Mt 28,19). La nuova evangelizzazione deve implicare un nuovo protagonismo di ciascuno dei battezzati. Non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”. E noi che cosa aspettiamo?” (EG, 120).

Ci conceda il Signore, non solo in questo mese di ottobre, ma durante tutto l’anno, di animare la nostra vita a essere “discepoli-missionari”.

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