Il grano è uno dei prodotti più importanti in assoluto della terra. Oggi seminare un terreno a grano resta una scelta molto sofferta soprattutto per una questione economica. Un quintale di grano costa in media solo 18 euro a quintale (36 mila delle vecchie lire). E considerando il lavoro che c’è dietro e l’importanza che ha nell’alimentazione, è un valore davvero irrisorio.
Eppure una volta il grano rappresentava una delle colture privilegiate da questo territorio. Il momento del raccolto costituiva una grande soddisfazione per il contadino. Ciò che si era seminato diversi mesi prima (se il tempo meteorologico era stato propizio) diventava qualcosa di eccezionale. Le lunghe spighe di grano andavano ad “animare” (nel vero senso della parola) un campo giallo paglierino che diveniva così uno spettacolo vivente della natura. Erano necessari il sudore della propria fronte e la benevolenza del buon Dio.
Ricordo quando mio padre doveva “trsca lu gran” che si illuminava in volto. Era una vera festa. In famiglia ci si doveva organizzare per far da mangiare ai trattoristi e offrire da bere birra fresca e/o buon vino. Per papà che aveva conosciuto il duro lavoro della falciatura e trebbiatura manuale, “’ l trescattiur” (come li chiamava lui) erano quasi degli eroi da trattare con il massimo rispetto.
Ogni tanto ricordava con piacere quando era bambino e sua nonna che aveva immensi campi adibiti a grano. Le donne di casa dovevano impastare la pasta per far rifocillare gli operai che intervenivano durante il raccolto.
Oggi tutto è meccanizzato ma la solarità e l’amore delle persone che continuano a scegliere di seminare questo importante cereale è rimasto immutato. L’unica cosa che intristisce è il prezzo finale di un quintale di grano. La raccolta resta un momento di grande soddisfazione. Si incontrano anche tanti giovani che hanno voglia di tornare a lavorare nei campi. La speranza è che la politica italiana torni a valorizzare questi prodotti e le persone che vogliono reinvestire in questo settore.