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Il ricordo di un papà che non c’è più

Storie di vita

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Oggi 19 marzo, nei paesi di tradizione cattolica, in occasione della ricorrenza di san Giuseppe padre putativo di Gesù, si celebra la “festa del papà”. È forse questa l’occasione giusta per ricordare un papà che non è più qui sulla Terra.

Mio padre Luigi è nato nell’aprile del 1931 e si riteneva un miracolato della seconda guerra mondiale. Spesso raccontava che quando San Salvo era diventata un campo di battaglia, una granata l’aveva solo sfiorato colpendo un secchio che aveva in mano lasciandolo indenne. Conseguì la licenza elementare dopo la seconda guerra mondiale.

Perse la mamma in giovane età. Arrivato a 34 anni si rivolse a un “ambasciatore” per cercare moglie.  Gli aveva proposto una ragazza di Casalanguida ma arrivato in paese, il suo sguardo cadde su un’altra ragazza con capelli neri, occhi verdi e pelle molto chiara, mia mamma. Dopo i convenevoli del tempo, conoscenza dei genitori e fidanzamento ufficiale con scambio di ori, il 2 maggio del 1965 convolarono a nozze nella chiesa di San Rocco a Casalanguida. I genitori della sposa non parteciparono al rito nuziale perché all’epoca “non si usava”.

Vivevano con il ricavato della campagna di famiglia. Quando arrivò la coltura delle pesche a San Salvo, anche lui divenne un produttore del frutto e un socio della neonata cooperativa Eurorotofrutticola. Nel 1970 acquistò un trattore, uno dei primi che si vedevano in giro per San Salvo. Senza avvisare mia mamma era andato dal venditore e “fresco, fresco tutto contento e fiero di sè ” è tornato a casa e: “Filè, ‘sso ‘ccattat lu motor” (Felicia, ho comprato il trattore). Mamma non poteva credere alle sue orecchie: “Che cosa? ti sei impazzito? Come lo paghiamo?”. Quando mamma ci raccontava del suo sgomento in quel giorno mi chiedevo sempre se papà aveva fatto quell’acquisto per incoscienza o per una grande fiducia nel futuro. Papà diceva sempre: “Dio provvede” e “aiutati che Dio ti aiuta”. Quel trattore, comprato con le cambiali quando in casa non c’era neanche una lira, si rivelò nel tempo un ottimo investimento. Quando un sansalvese mi chiede “a ca’appartin?”  I sansalvesi ricordano papà, sempre insieme a mamma, alla guida di quel trattore. Per diversi anni, con orgoglio addobbava quel mezzo per le “some” di san Vitale.

Per una decina d’anni i proventi della campagna erano sufficienti per il sostentamento della famiglia, ma poi i tempi cambiarono e vivevamo quasi alla giornata. Papà si rivolse anche ai vari politici di quel periodo per avere un lavoro stabile. Ma nulla, sembrava che per tutti c’era lavoro tranne che per mio padre. Trovava lavori  saltuari come manovale edile grazie all’ufficio di collocamento. Con la campagna non mancava mai da mangiare. Tutte le altre spese venivano sostenute con i proventi delle raccolte di pesche e uva da vino, i lavori saltuari, i sussidi di disoccupazione e i sussidi europei per l’agricoltura. Tra un’entrata e l’altra spesso c’erano periodi in cui non rientrava neanche l’ombra di un quattrino e ciò nonostante papà era sempre molto fiducioso, sperava anche quando umanamente non c’era niente in cui sperare.

Papà non faceva mai un passo senza mia madre, la voleva sempre con sè in campagna anche quando non c’era un reale bisogno. Capitava spesso che litigavano gridando così tanto da poter essere ascoltati anche dai vicini di casa ma la mattina seguente sembrava che non era successo niente.

Papà non era un cattolico praticante, andava a messa solo a Pasqua, Natale, Palme e San Vitale ma non andava a dormire e non si svegliava senza un Padre Nostro e un’Ave Maria. Amava avere ospiti in casa e se aveva raccolto frutta e verdura dava sempre le primizie e se non le aveva li portava in campagna. Mamma diceva "j ter la cas' appress" (letteralmente "gli tira la casa dietro" ma era un modo per dire che "a momenti regalava anche la casa per quanto era generoso"). Era un uomo sincero e generoso.

 

 

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